Mattarella, Presidente-arbitro di una Costituzione basata sulla Resistenza e l’antimafia

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Da oggi, con l’inizio del settennato di Sergio Mattarella a Capo dello Stato, la Costituzione repubblicana di arricchisce di un altro valore fondante, dopo quello della Resistenza: l’antimafia. Non rituale, infatti, il suo richiamo al martirio di Falcone e Borsellino, eroi civili di una guerra anomala, e alla lotta contro la corruzione e la piovra mafiosa, che ormai si è estesa al Nord. E poi quell’annotazione penetrante, incisiva, ripresa da Papa Francesco, contro i corrotti, considerati “uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini”.

Come non scontati altri passaggi, non del tutto indirizzati alla classe politica e al governo, ma dedicati ai “cittadini” della Repubblica, quando ha elencato i suoi 15 moniti per “garantire la Costituzione” con gli evangelici “Significa…” e il ricorso per 9 volte al termine “il volto…”, per dare una sembianza concreta e ravvicinata della Repubblica.

Forte la sua preoccupazione per rafforzare l’unità della Nazione, “costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini”, che purtroppo “rischia di essere difficile, fragile, lontana”.

Quindi, il pericolo globale del nuovo terrorismo, ammantato di fondamentalismo religioso, per giustificarne una sorta di “scontro tra religioni o tra civiltà”. Per il Capo dello Stato, “sarebbe un grave errore” considerarlo così, perché in realtà “la minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza”. E ha ricordato un episodio quasi dimenticato di terrorismo politico-religioso, quello di Stefano Taché, “rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”.

E non del tutto scontato, infine, il suo appello alla difesa dell’Articolo 21 della Costituzione, citato tra le garanzie fondamentali: “Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia”.

Toni pacati, sobrietà del linguaggio, semplicità ed immediatezza dei termini. Soprattutto, parole comprensibili e non equivocabili. Ecco, il dodicesimo Presidente della Repubblica (in realtà il numero 13, visto i due mandati di Napolitano) sembra proprio, nonostante i suoi 74 anni, un cittadino del nostro tempo globale e online. Un testimone della fine della Seconda Repubblica, ma anche un traghettatore verso nuovi lidi istituzionali.

In merito, poi, alle “baruffe chioggiotte” tra gli osservatori politici e giornalisti sulla presenza di Berlusconi alla cerimonia di insediamento al Quirinale, ci sembra una disputa stantia, che sa davvero di Seconda Repubblica. Berlusconi e Grillo sono stati invitati perché a capo di due partiti di opposizione in Parlamento, espressioni di molti milioni di elettori. L’ex-Cavaliere, condannato e plurinquisito, ha risposto all’invito, l’altro lo ha declinato, facendo uno sgarbo formale ed istituzionale. Non facciamo parte della schiera degli “antiberlusconiani di professione”, in quanto abbiamo sempre combattuto battaglie contro il regime berlusconiano fin dall’inizio e ne abbiamo subito le conseguenze. E’ su altri piani che si deve portare avanti la battaglia per la difesa e l’estensione dei diritti costituzionali. A quelli, che ne hanno tratto fortune professionali e non solo, forse atterriti dall’horror vacui di un suo ridimensionamento politico, suggeriamo di rileggersi il testo del discorso di Mattarella e cominciare a guardarsi intorno senza più paraocchi.

Il testo integrale del discorso del Capo dello Stato

 


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