Una moratoria per il bene del servizio pubblico

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Il parere pro veritate richiesto dall’Usigrai al Professor Alessandro Pace, autorevole consulente legale della Rai per oltre quarant’anni, sulla legittimità costituzionale del decreto legge che, tra l’altro, impone all’azienda di servizio pubblico un prelievo forzoso di 150 milioni di euro, sicuramente sarà oggetto di attenta riflessione per i vertici aziendali e le commissioni parlamentari in ragione della ricchezza di argomentazioni e della riconosciuta scrupolosità del decano dei costituzionalisti italiani. Dalla lettura del parere – che pubblichiamo integralmente – emergono evidenti aspetti di incostituzionalità oltre ad alcune incongruenze, peraltro già oggetto di emendamenti da parte degli stessi partiti di governo. Quindi, è giusto ribadirlo, bene ha fatto l’Usigrai ad approfondire gli aspetti legislativi del decreto mettendo a disposizione di tutti gli attori un giudizio così autorevole: un atto coraggioso e responsabile in difesa dell’autonomia gestionale del servizio pubblico.

Vi è un riflesso collaterale di questa vicenda che, tuttavia, non può essere sottaciuto: i toni irriguardosi, se non addirittura offensivi – in linea evidentemente con quelli della “più brutta campagna elettorale della nostra storia” – usati nei confronti di quanti si sono battuti, pagando spesso di persona, contro gli editti bulgari, l’emarginazione di giornalisti e dirigenti sgraditi, la mancanza di trasparenza nelle nomine e negli appalti. L’aspetto più sgradevole di questo “fuoco amico” sta nell’accomunare al partito-Rai o, peggio, al partito Rai-Mediaset proprio le organizzazioni che sono state in prima fila nel combattere questi “partiti”.

Ma com’è possibile interpretare la pelosa, patetica solidarietà di Gasparri al sindacato dei giornalisti Rai come una forma di connivenza? Il partito Rai-set è proprio quello consacrato dalla legge che porta il suo nome, la legge che ha ricondotto la Rai sotto il controllo del Governo di turno, riducendola, in tal modo, ad essere solo una posta in gioco nell’agone politico; il partito Rai-set è quello che ha impedito l’accesso al mercato di produttori indipendenti; è quello che ha bloccato le innovazioni tecnologiche del servizio pubblico per non evidenziare il precoce invecchiamento del concorrente privato; è quello che, per eludere l’abuso di posizione dominante da parte di Mediaset, ha costretto la Rai a difendere, ossessivamente, uno share sproporzionato a scapito della qualità dei programmi nelle ore di grande ascolto, fino ad abolire, già dalla metà degli anni novanta, la “seconda serata”, tradizionalmente dedicata alle inchieste e ai programmi culturali; è il “partito” che ha emarginato i giornalisti, i dirigenti e gli autori più indipendenti e con la schiena dritta, in favore di quelli più tendenziosi e politicamente più “affidabili”.

A partire dal mese di luglio 2012, Articolo 21 e numerosissime associazioni culturali e di categoria hanno aperto una consultazione pubblica che sta coinvolgendo diverse centinaia di studenti delle scuole superiori e delle università chiamati a riscrivere la nuova “carta d’identità” del servizio pubblico. Questo incoraggiante segno di vitalità democratica contempla, come è giusto che sia, anche critiche aspre, contrapposizioni e valutazioni politiche contrastanti sull’operato del Governo in carica, quale che sia il suo colore (amicus Plato, sed magis amica veritas). Questo rientra nella fisiologia del confronto politico, laddove atti unilaterali che minano l’autonomia dei vertici del servizio pubblico, tradiscono le aspettative di chi crede in una Rai indipendente, profondamente rinnovata e più grande di quella attuale.

Ci sia consentito, allora, di proporre a tutte le forze politiche e, in particolare al Governo, una sorta di moratoria: si sospendano tutti gli interventi di natura politica e amministrativa che interferiscono con l’autonomia della “più importante impresa culturale del paese” e si apra, seduta stante, come ha proposto il segretario dell’Usigrai, il confronto politico sul rinnovo della Concessione.


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