La tragedia dell’usura

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Negli ultimi giorni, in due piccole città, la prima in Piemonte   come Santhià, e la seconda in Sardegna come Tempio Pausania, sono avvenute due stragi feroci legate insieme all’abuso degli stupefacenti, da parte anzitutto dei giovani, e all’usura o strozzinaggio che dir si voglia, cioè al denaro prestato a tassi illeciti e a quel che ne consegue nei rapporti tra vittima ed estorsore.  Nel nostro Paese, dove è purtroppo un fenomeno in crescita costante prima ancora che la grave crisi economica ne  esaltasse le dimensioni, l’usura  dal punto di vista giuridico (articolo 644 codice penale e legge 7 marzo 1996 n. 108) è il reato che consiste nel fornire prestiti a tassi d’interesse considerati illegali, socialmente riprovevoli e tali da rendere il rimborso molto difficile, quando non impossibile.

Di solito le vittime di usura sono soggetti a rischio (per esempio, giocatori d’azzardo ) o piccole imprese  in difficoltà economiche, ma, negli ultimi anni, il mercato del credito illegale e dell’usura hanno registrato un vero e proprio boom, che ha visto il coinvolgimento di classi sociali un tempo considerate immuni da forme di indebitamento estremo. L’impresa, soprattutto quella minore, attraversa, infatti, un momento di forte crisi dovuto a un calo dei consumi generalizzato e a un mercato che cresce senza regole tra abusivismo e grande distribuzione.  A questa situazione si è aggiunta, a partire dal 2008, la ristrettezza del credito come conseguenza diretta della crisi finanziaria. L’indebitamento delle famiglie italiane emerge dal fatto che, ad esempio, nel 2010 i prestiti delle banche alle famiglie (consumatrici e produttrici) sono cresciuti del 4,9 per cento e i debiti contratti dalle famiglie consumatrici hanno raggiunto il 66 per cento del reddito disponibile e sono la voce più preoccupante del bilancio.

A  una simile situazione si legano a volte gli scontri interni alle famiglie da parte di quei membri particolarmente immaturi o in grave difficoltà.  Se a questo si aggiunge – come è stato constatato non soltanto nel caso di Santhià ma in molti altri episodi riportati dalle cronache giornalistiche – si ha un quadro forse più realistico della situazione sociale e culturale, oltre che economica, che sta vivendo la penisola da molti anni  a questa parte.  C’è da chiedersi quando e come una situazione così grave di malessere collettivo potrà dar luogo a una fase diversa ma non è possibile ancora – almeno a chi scrive, pare così – fornire risposte precise o rassicuranti per il futuro, almeno per quello più immediato.  Soprattutto, in un paese che è stato governato per vent’anni da un populismo trionfante che non ha ancora dato luogo a una fase nuova e diversa della vita pubblica nazionale.


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