Vita di Felicita, secondo Testori

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Dedicato alle tematiche (alle implicazioni) del pensiero ‘sacrale’, da una prospettiva sostanzialmente eretica, corsara, non apologetica, la recente rassegna di Lucca mirava ad approfondire, anzi scardinare, vicende e argomenti scomodi, inediti, rimossi dai mille segmenti di una cultura che definire consumistica (viziata dai tempi e dai modi della fruizione web-televisiva) è ormai fiato perso, ma irrinunciabile. Come, ad esempio, accadeva nel pur possente “Passione”, rigorosa, incalzante partitura teatrale (a cura di Daniela Nicosia) desunta dal romanzo di Giovanni Testori Passio Laetitiae et Felicitatis, su produzione Tib Teatro, I Teatri del Sacro, Fondazione Teatri delle Dolomiti.

Ragguardevole la performance attorale di Maddalena e Giovanni Crippa, che essendo fratelli in vita lo diventano ‘naturaliter’ anche nella composizione scenica, espletando un’ umana avventura di amore e di morte, ove ‘carnalità e spiritualità, fede e blasfemia’ plasmano una sorta di narrazione estrema, permeata da un impasto linguistico, da una stratificazione di segni e di senso che sono la cifra espressiva (l’interiore tormento, mai celato) del grande scrittore (e intellettuale) milanese. Giusto in quella particolare angolazione che, da Manzoni a Gadda (senza però escludere Arbasino e Aldo Nove) configura l’intellettuale lombardo (il ‘gran lombardo’-avrebbe scritto Vittorini) quale inusitata mescolanza di ‘imprecazione e rigore morale’, di aristocrazia non codina ed etico riconoscimento dell’ardua gerarchia che regola l’arbitrio dell’ego e i doveri della socialità (all’ombra di un Assoluto che azzarderei ‘calvinista’, in grado di essere provvidenza o perdizione)

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Analogo, dunque, si raffigura l’itinerario corporale e spirituale che, nello spettacolo testoriano, la protagonista Felicita fissa a completamento della sua ‘destabilizzante e destabilizzata’ esistenza, cesellata nell’alveo di un solco e di un secolo remoto, presumibilmente medievale, ma irrorato di stremate modernità: dall’amore incestuoso per il baldo Dori (totalizzante, ma infranto dalla morte di lui) all’innamoramento per il Cristo (immagine traslata del perduto fratello), liddove l’ambivalenza dell’eros incestuoso e della sua successiva sublimazione nell’amore lesbico per una novizia (ciò che l’autore definisce ‘duità’ di figura umana e figura divina) si torniscono di pittorici slanci degni della Santa Teresa del Bernini, intersecati dal febbrile chiaro-scuro di un empito caravaggesco che esalta le tonalità liriche, feroci, poderosamente felici che sono (non da ora) le maggiori qualità interpretative di Maddalena Crippa. Alla quale fa da contrappeso la bella performance, tutta prestante e masnadiera di un Giovanni Crippa che unisce alla ‘phisique du role’ la capacità di approfondirne baldanze e patimenti. Essenziale, per tutto l’andamento dello spettacolo, l’ incastro pulsante di una partitura musicale (“Dies Irae” di Verdi e la “Lacrimosa” di Mozart) che ne indica i momenti di inabissamento, di accensione fantastica, di mistica estasi.

Ps. Speriamo che “Passione” non si fermi alle sole, affollate repliche di Lucca. Merita un pubblico ben più vasto

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“Passione” da Giovanni Testori. Drammaturgia e Regia di Daniela Nicosia. Con Maddalena Crippa e Giovanni Crippa. Lucca – Teatri del Sacro


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