Anche in Parlamento c’è un’altra Italia

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Un pomeriggio particolare, intenso e, avendolo vissuto, non ho remore a dire bellissimo, quello di ieri. Un pomeriggio nel quale molti di noi sono tornati finalmente ad assaporare quel profumo di sinistra, di innovazione e cambiamento che negli ultimi mesi sembrava essere condannato all’oblio. Capita, infatti, che gli amici di “Left” organizzino un convegno al Teatro Eliseo, a Roma, per discutere insieme a parlamentari del PD, di SEL e del Movimento 5 Stelle e a tanta, attivissima società civile delle possibili intese che si potrebbero trovare sui singoli temi: dall’ambiente alla promozione delle energie alternative, dalla difesa dell’acqua pubblica e dei referendum di due anni fa al ripudio degli F-35, dal reddito minimo garantito alla legalità e a serie norme anti-corruzione e contro il conflitto d’interessi, senza dimenticare la sanità pubblica, le unioni civili, il testamento biologico, la cittadinanza ai figli degli immigrati, lo stop alle trivellazioni in mare per estrarre gas e petrolio e molti altri argomenti sui quali, stando ai pareri forniti dalla stragrande maggioranza degli elettori e da una significativa percentuale degli eletti, non sarebbe poi così difficile trovare un accordo tra queste tre formazioni.

E capita, come spesso è capitato in questi anni, nel silenzio assoluto della maggior parte dei media e nell’incapacità di ascolto di numerose forze politiche, che il Teatro si riempia, che i cittadini pongano domande e partecipino con passione ed entusiasmo alla costruzione e all’analisi delle singole proposte e che il confronto pubblico ritrovi, in un attimo, tutto il proprio vigore, la propria bellezza, la propria intensità.
Poi capita, spostandosi presso la Sala della Mercede, al convegno sulla RAI organizzato dall’associazione Move On, che esponenti del PD, di SEL e del Movimento 5 Stelle accantonino per un momento le beghe interne dei rispettivi partiti e inizino a discutere, insieme a dipendenti e dirigenti del servizio pubblico, di una nuova idea di televisione, di palinsesti, di rispetto delle capacità e delle competenze, di avanzamenti di carriera da legare esclusivamente al valore di ciascuno e non più all’appartenenza a questa o a quella lobby e di tutto ciò che, per troppo tempo, purtroppo è stato taciuto, ignorato o, peggio ancora, considerato di secondaria importanza perché “ben altro è il problema”.
Al che sorge spontaneo domandarsi come sia possibile che la gente abbia del Parlamento un’immagine tanto negativa, immobile, lontana dai propri drammi e dalle proprie esigenze quando, al contrario, nella società, e in particolare a sinistra, si agitano così tante idee, così tante passioni, così tanta voglia di mettersi al servizio della comunità.
A pensarci bene, è la stessa domanda che siamo posti quattro mesi fa, quando a molti osservatori, me compreso, sembrò incredibile il successo oltre ogni aspettativa del movimento di Grillo. Volgendo lo sguardo indietro, ci si accorge che non c’è nulla di incredibile in quell’affermazione, specie se si pensa a quante occasioni abbiamo perduto, per non dire sprecato, negli ultimi anni, a come ci siamo comportati in occasione dell’elezione del Capo dello Stato, alle timidezze, ai silenzi, alle paure, ai tentennamenti e alla nostra costante difficoltà di assumere una posizione chiara, nitida, comprensibile e, soprattutto, in grado di indicare al Paese una visione, un sogno, un progetto da costruire tutti insieme nell’ottica di quella comunità solidale che dovrebbe essere la vera ambizione di una sinistra moderna e riformista.

Peccato che il Movimento 5 Stelle abbia subito deciso di non essere da meno, trasformandosi in un’organizzazione autoreferenziale e chiusa a qualunque forma di dialogo e di confronto con le altre forze presenti in Parlamento, impedendo la nascita del governo di cambiamento che pure gli avevamo offerto e quasi godendo nel vedere ministri del PD e del PDL seduti allo stesso tavolo.
Per questo, oggi, è così difficile riportare i cittadini alle urne. Per questo, si respira ovunque un clima di disaffezione, sfiducia e spesso addirittura astio nei confronti della politica. Per questo, tuttavia, ora più che mai abbiamo il dovere di crederci, di impegnarci, di mettercela tutta: perché l’Italia non ne può più dei nostri litigi e delle nostre inutili polemiche, perché la situazione economica, e di conseguenza quella sociale e occupazionale, è oramai da allarme rosso, perché il tema dei diritti deve essere assolutamente rimesso al centro del dibattito politico e, più che mai, perché non possiamo aggiungere silenzi a silenzi, sconfitte a sconfitte, disincanto a disincanto e occasioni gettate al vento a occasioni gettate al vento, altrimenti anche il nostro entusiasmo e la nostra volontà di indicare un orizzonte diverso smetteranno di essere credibili.
Infine, una breve considerazione sul Parlamento, definito da Grillo con epiteti che non mi sembra opportuno ripetere. Dobbiamo riportare i nostri valori e la forza delle nostre proposte alla Camera e al Senato non solo perché ce lo chiedono milioni di elettori (il che sarebbe una motivazione più che sufficiente) quanto, più che mai, per scongiurare uno scenario da incubo che è assai meno remoto di quel che si pensi. Andando avanti così, infatti, con un Parlamento paralizzato e i parlamentari considerati tutti ladri e nullafacenti, il serio rischio è che un giorno qualcuno, magari una lobby più organizzata e potente delle altre, possa decidere di abolirlo, o comunque di depotenziarlo, senza incontrare alcuna opposizione, alcuna reazione civile, forse nemmeno una vaga protesta da parte di una popolazione esacerbata e stremata dalla crisi. E questo, mi spiace, ma non possiamo e non dobbiamo permetterlo: perché anche in Parlamento c’è un’altra Italia, limpida, pulita e per nulla disposta a rassegnarsi o a cedere a qualsiasi forma di ricatto, che merita di essere rappresentata e di potersi esprimere liberamente e perché ne va della nostra democrazia e del futuro delle nuove generazioni.


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