Governo, resteremo al 57° posto nella graduatoria sulla libertà di informazione?

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Le tante differenze e diversità, politiche, culturali, sociali, professionali, che convivono dentro Articolo 21 sono state e sono la vera ricchezza di questa associazione. Una ricchezza che non abbiamo intenzione alcuna di svendere, neppure in questo periodo di devastante crisi politica ed etica. Di fronte al governo che verrà e alle larghe intese che lo sosteranno useremo, come sempre, la stessa unità di misura: il giudizio sul programma e sulla squadra che comporrà l’esecutivo. Quanto più larga ed eterogenea sarà la maggioranza, tanto più sarà necessario esercitare lo spirito critico e non omologarsi ai cantori del pensiero unico che tenteranno di schiacciare qualsiasi critica sul versante dell’estremismo o di quella che genericamente viene schedata come antipolitica.

Ciascuno di noi deciderà come schierarsi, se restare nei vecchi contenitori o se aderire ai nuovi cantieri,ma saremo tutte e tutti insieme nello esprimere una valutazione su quello che il governo fará o non farà sui temi che ci hanno visto impegnati in questi anni.

Attualmente l’Italia occupa il 57^ posto nella graduatoria internazionale in materia dì libertà di informazione.
Le ragioni di questa vergogna affondano, stando al rapporto, nella mancata risoluzione del conflitto di interessi, nella assenza di una rigorosa normativa antitrust, nelle interferenze dei governi e dei partiti nella nomina delle Autorità di garanzia e del consiglio di amministrazione della Rai, nelle norme bavaglio, nelle continue minacce ed intimidazioni contro i cronisti.

Nel rapporto che i cosiddetti saggi hanno consegnato al Quirinale poco o nulla si parla del conflitto di interessi, moltissimo invece della necessità di introdurre una nuova legge sulle intercettazioni che ne riduca l’uso e la pubblicazione. Le altre questioni sono omesse, dunque l’unica emergenza, per quanto riguarda l’informazione, sarebbe rappresentata dalla pubblicazione delle intercettazioni.
Dal momento che in politica contano le parole dette e scritte, ma anche quelle omesse, questo segnale non può e non deve essere ignorato.

L’entusiasmo, esibito e stonato, mostrato da Berlusconi per l’annunciato governo delle larghe intese, nasconde, come sempre, la speranza o forse la certezza che, il perimetro del conflitto di interessi, non sarà neppure sfiorato, e che l’intero sistema della comunicazione resterà nella foresta pietrificata.
Una storia che si ripete puntuale da oltre un ventennio!
Non amiamo i processi alle intenzioni, restiamo in attesa di conoscere il nome del presidente del consiglio, del suo esecutivo, e, soprattutto, il programma.
Se, in materia di informazione, dovesse essere quello di sempre, non ci sarà ragione alcuna per cambiare il nostro atteggiamento.

Eravamo contrari ai bavagli, alle censure, alle omissioni con i governi di ieri, continueremo ad esserlo anche con i governi del presente e del futuro, sino a quando rinunceranno ad affrontare e risolvere quella anomalia italiana che continua a chiamarsi “conflitto di interessi” e che ha minato alla radice il nostro sistema costituzionale ed istituzionale.


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