Donne e narcotraffico

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Piero Innocenti

La vitalità e l’intraprendenza delle donne nel variegato mondo del narcotraffico sono ben evidenziate dal numero delle denunce fatte, per gran parte con conseguente arresto, dalle nostre forze di polizia nel corrente anno: 1.800, a metà ottobre scorso. Alla fine del 2016 si sarà superata, quasi certamente, quota duemila che, comunque, è un numero vicino a quello delle 1.988 donne denunciate nel 2015 (di cui 1.821 per spaccio, 165 per associazione finalizzata al traffico e 2 per altri delitti) e che ha rappresentato il valore più basso, nello specifico, dal 2003. Il picco decennale si è avuto nel 2010 con 3.377 denunce. Negli ultimi quattordici anni sono state complessivamente 39.790 le donne denunciate per delitti collegati agli stupefacenti (dati rilevati dalle relazioni annuali della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga); 428 le donne straniere denunciate nel 2015 ossia circa il 20% del totale (percentuale analoga a quella, provvisoria, del 2016, a ottobre).
Contrariamente a quanto accade in alcuni paesi latinoamericani, dove in alcune organizzazioni di narcotraffico le donne hanno ruoli non secondari, talvolta rilevanti (come, per esempio, Clara Elena Laborin Archuleta, nota come “La Señora”, al vertice del cartello dei Beltran Leyva e arrestata a settembre scorso), nel nostro Paese, sino ad oggi, le posizioni delle donne sono state nella maggior parte marginali e per lo più relegate alle attività di spaccio e di traffico (come corrieri). Attività che, anche nella seconda parte del mese di ottobre e in questi ultimissimi giorni, si attesta su numeri di tutto rispetto. Da ultimo, come si rileva dalla cronaca quotidiana, ha suscitato scalpore il caso di una nigeriana, arrestata il 29 ottobre, per la detenzione, ai fini di spaccio, di 170g. di eroina contenuta in ovuli che nascondeva tra i vestiti della bambina di un anno. Il giorno prima, la polizia di stato, a Martinsicuro (Teramo), aveva arrestato una cinquantenne, anche questa con mezzo chilogrammo di eroina. Sempre, in quei giorni, a Perugia, era finita in manette una avvenente trentenne albanese che gestiva lo spaccio di cocaina. Albanese anche quella arrestata dai carabinieri di Ragusa, componente di una banda (ventuno, complessivamente, gli arrestati) che riforniva di cocaina l’intera costa iblea. Finita in carcere anche una giovane bielorussa, inserita in una banda di spacciatori marocchini, trovati dalla polizia nel quartiere di Pietralata (Roma) con 12kg di droghe. Spacciatrice incallita la trentaquattrenne chietina, madre di quattro figli minorenni, di nuovo arrestata per la vendita, in casa, di cocaina ed eroina. Che dire, poi, della madre (e del padre) che, a Bitonto, si portava al seguito un bambino di dieci anni negli incontri con il “grossista” della droga? E ancora, una filippina che, a Padova, confezionava bustine di shaboo in casa; una donna di 46 anni di Muggiò in Lombardia, arrestata dalle forze di polizia di Crotone nel contesto della operazione “Six towns” e una giovane romana che a Spinaceto (Roma), faceva parte di una banda che spacciava cocaina. E si potrebbe continuare. Va anche detto che, un po’ dappertutto nel mondo, si registra un incremento apprezzabile della criminalità femminile al punto che, lo abbiamo già scritto in passato, criminologi e sociologi parlano di una tendenza alla femminilizzazione nel mondo criminale. Insomma, il denaro e gli affari attirano tutti e quando, poi, la donna ha al suo attivo una “bellezza” particolare, si registrano sicuramente per lei maggiori possibilità di successo, anche nel difficile contesto della criminalità organizzata del narcotraffico. Ne sanno qualcosa alcune delle affascinanti donne, elette “regine di bellezza” negli anni passati in alcuni Stati messicani, arrestate per narcotraffico, a partire da Laura Helena Zuniha Huizar, da Emma Coronel (sposatasi a 15 anni con El Chapo, capo del cartello di Sinaloa (attualmente in carcere in attesa di estradizione verso gli Usa ), da Maria Teresa Lambda Niebla (figlia di El Mayo attuale leader del cartello di Sinaloa), a Sandra Avila Beltran (cugina di Miguel Angel Felix Gallardo, uno dei grandi capi dei cartelli messicani) che, a ottobre scorso, tornata in libertà dopo un periodo di detenzione, si è affrettata  a richiedere alla magistratura messicana il dissequestro di alcuni beni immobili e, soprattutto, dei conti bancari “congelati” dopo l’arresto. Evidentemente per godersi una “tranquilla” vecchiaia in qualche angolo soleggiato di paradiso messicano.

Da liberainformazione


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