A Bruxelles il “caso italiano” delle querele false e infondate

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Il 27 ottobre Ossigeno ha illustrato al Press Club il dossier e-book “Taci o ti querelo!” in occasione della Giornata per la fine dell’impunità

di Maria Laura Franciosi – Bruxelles – Ogni anno in Italia oltre cinquemila persone che vogliono mettere a tacere i giornalisti che scrivono notizie sgradite ottengono il loro scopo presentando querele per diffamazione a mezzo stampa false e infondate, facendo girare a vuoto la macchina della giustizia, trasformandola in uno strumento intimidatorio. Avviene da 70 anni e nessuno riesce a correggere questa mostruosità: è questo il caso italiano che vogliamo fare conoscere all’Europa, ha detto Alberto Spampinato, al convegno organizzato il 27 ottobre a Bruxelles, da Ossigeno per l’Informazione, insieme al Press Club e AEJ, per celebrare la “Giornata internazionale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti” (IDEI) illustrando l’ultimo rapporto dell’Osservatorio dal titolo “Taci o ti querelo!”.

Spampinato ha spiegato che, con questo ultimo Rapporto, Ossigeno prosegue il suo lavoro di documentazione, che ha avuto inizio dieci anni fa, e ha lo scopo di fare conoscere, in modo oggettivo e documentato, al pubblico, alle autorità e agli operatori dell’informazione, come siano gravi, numerosi e impuniti gli attacchi violenti compiuti in Italia contro i giornalisti, perché rimangono impuniti, perché ad essi, ormai da 70 anni, si sommano gli effetti intimidatori e di censura, non meno gravi, causati dalla legislazione sulla diffamazione, perché nonostante tutto ciò ancora oggi mancano adeguate misure di protezione per i giornalisti.

I lavori si sono aperti con il video messaggio inviato a Ossigeno dalla responsabile per la libertà di stampa dell’Osce, Dunja Mijatovic. Mijatovic ha ricordato che questi attacchi impuniti ai giornalisti e alla libertà di stampa avvengono anche nella libera Europa e non si riesce a fermarli perché manca la volontà politica per farlo.

Ricardo Gutierrez, segretario generale della Federazione Europea dei Giornalisti, ha detto che “la libertà di stampa sta diminuendo in tutta l’Europa” e ha sottolineato la necessità di riformare le leggi nazionali sulla diffamazione. Tanti giornalisti, ha ricordato, hanno perso la vita e molti altri la libertà di scrivere e ciò è avvenuto anche in Europa, oltre che in Turchia, Ucraina, Russia e altri paesi in cui la piena libertà di espressione ancora non è riconosciuta e rispettata. Molti di loro stavano indagando su vicende di corruzione, altri su storie riguardanti le autorità del loro paese. “Il pericolo che vediamo crescere – ha avvertito Gutierrez – è che i giornalisti e i media, per evitare rischi e complicazioni, si rifugino sempre più nell’autocensura. questo fenomeno è emerso perfino in paesi liberi come la Finlandia“.

Alberto Spampinato ha sottolineato le parole della rappresentante dell’Osce. “In molti paesi – ha detto – manca la volontà politica di adottare le misure necessarie per affermare e proteggere la libertà di stampa, oltreché per indagare sugli attacchi e sugli assassini dei giornalisti e punire i responsabili”. La situazione in cui lavorano i giornalisti, soprattutto i cronisti locali e i freelance, è difficile anche in Italia, perché i media e le autorità non parlano delle loro difficoltà e delle intimidazioni che subiscono e ciò rende difficile suscitare l’attenzione necessaria per parlare della loro protezione e cercare le soluzioni. Per sviare l’attenzione, si tende a parlare sempre e soltanto di ciò che accade in altri paesi e a considerare i giornalisti che subiscono attacchi nel proprio paese delle persone imprudenti, che hanno fatto cose che non avrebbero dovuto fare. Questo è drammatico. Dobbiamo invece spiegare al pubblico che i giornalisti che subiscono minacce di solito sono i giornalisti migliori”. Come superare questa sottovalutazione e questa negazione del problema? Raccontando i fatti, documentando le gravi violazioni del diritto di informare e di essere informati, facendo vedere con l’evidenza della cronaca che sono gravi, frequenti e numerosi. Solo così possiamo ottenere l’attenzione dovuta, perché i fatti sono fatti e nessuno può  negarli. Ossigeno ha fatto questo in Italia, rivelando i casi di tremila giornalisti minacciati o portati dinanzi ai giudici con accuse di diffamazione pretestuose o intimiditi con azioni giudiziarie infondate. In Italia almeno 30 giornalisti vivono protetti dalla polizia perché sono minacciati a causa del loro lavoro e molti altri si rifugiano nell’autocensura. E la vera vittima di tutto questo è la libertà di espressione, il diritto dei cittadini di essere informati.

La ricercatrice universitaria Sarah Vantorre, dell’Università di Anversa, ha illustrato l’approfondita ricerca che ha svolto sulla figura di Giuseppe Fava, giornalista e scrittore siciliano ucciso a Catania nel 1985 dalla mafia perché combatteva a viso aperto la corruzione e il malcostume. “La libertà – ha detto Vantorre, citando un’espressione di Fava – c’è a condizione che ci sia il clima giusto per potersi affermare”. Quel clima non c’era nella Sicilia in cui Giuseppe Fava viveva, lavorava, pubblicava notizie che disturbavano il potere e gli affari mafiosi. Perciò fu isolato e denigrato, e infine ucciso. La sua morte però ha creato una forte solidarietà fra i giovani che lavoravano con lui ed è di esempio alle giovani generazioni. Santorre ha concluso parlando della situazione dell’informazione in Belgio, dove alcuni giornalisti cercano di limitare il rischio di pubblicare informazioni non gradite limitandosi a ripubblicare ciò che altri hanno già detto, senza condurre indagini in proprio. Ha inoltre parlato del web magazine belga Apache a cui una società immobiliare ha chiesto una elevata somma di denaro a titolo di rimborso danni, con l’evidente effetto di scoraggiare il proseguimento di una inchiesta giornalistica che puntava a svelare verità imbarazzanti. MLF

Da ossigenoinformazione


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