Il telefonino, la scatola nera della nostra memoria. Begli spunti nel film “Perfetti sconosciuti”

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Per fare un buon film in Italia. oggi, bastano un’idea convincente ed una bellissima casa romana, possibilmente con terrazza sulla città. Dopo Il nome del figlio, la conferma arriva da Paolo Genovese e dal suo Perfetti sconosciuti.Un gruppo di amici storici alle prese con la classica cena del sabato sera, che da rito conviviale si trasforma in una resa dei conti emozionale. Complice, un gioco innocente quanto pericoloso tra coppie: poggiare i telefonini sul tavolo e rendere pubblica ogni telefonata ed sms che arriva che potenzialmente può nascondere una seconda vita, fatta di piccoli e grandi segreti, frustrazioni, tradimenti o inaspettati slanci di sensibilità. Un film corale con un cast solido, soprattutto in quel blocco di attori romani di cui è facilmente percepibile una confidenza ed una stima che vanno oltre il set: Valerio Mastandrea, Marco Giallini ed Edoardo Leo confermano la vitalità di una certa scena romana, sensibilissima nonostante un ricorso naturale e salvifico all’ironia. Non fa eccezione Giuseppe Battiston, nella parte di un professore di ginnastica precario, il ponte con l’universo femminile del film: Kasia Smutniak è un’analista bravissima a rispondere ai problemi degli altri quanto in difficoltà con i suoi. Anna Foglietta una moglie alle prese con la routine del matrimonio che guarda con tenerezza e speranza Alba Rohrwacher, sposata da poco e chiaramente innamoratissima. Un film godibilissimo e pieno di sorprese (puntuali ad ogni nuovo sms o telefonata), ben scritto, indulgente quanto delicato con chi ha il coraggio di non nascondere le proprie debolezze. Lascia una certezza, anche. Il telefonino è diventato la scatola nera della nostra memoria e delle nostre nevrosi. Passa tutto da lì. Forse troppo.


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