Per Vincenzo Cerami. Che ‘sbranava e assaporava’ la vita (ancor prima di scriverne)

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Non aveva un carattere ‘facile’, fluidificato, addestrato alla diplomazia Vincenzo Cerami, scomparso a Roma (dove era nato nel 1940) dopo irreversibile malattia,vissuta con gran contegno e riserbo. Ma- stando alla nota massima di Leo Longanesi- quella che a noi appariva una discontinua, bipolare asperità di indole, altri non era che una robusta, granitica fermezza di carattere,determinazione, strategia di ambizioni: messe a segno con innato talento creativo e metodiche capacità organizzative- del proprio lavoro e di quello altrui, come nel caso della premiata collaborazione con Roberto Benigni (da “Il mostro” a “La vita è bella”,  nominato all’Oscar per la migliore sceneggiatura), laddove all’estemporaneità estrosa, imprevedibile, deliziosamente confusionaria del ‘piccolo diavolo’  faceva da contrappeso la nuda disciplina,l’esperienza, la  geniale visione d’insieme con cui Cerami concepiva la ‘scrittura’ del cinema. Non come elemento sintattico, propedeutico e beneaugurante del successivo lavoro registico, ma come presenza costante, autorevole putativa di un lavoro di gruppo (qual è appunto il cinema) sempre esposto ad imprevisti,  colpi di coda, accidentacci senza preavviso.

E dal momento che nulla nasce dal nulla,  non tutti sanno che l’apprendistato del Vincenzo Cerami, sceneggiatore e soggettista, era avvenuto nel più fertile  dei modi, essendo egli  stato allievo di Pier Paolo Pasolini sia ai tempi delle scuole dell’obbligo a Ciampino (dove il poeta insegnava lettere alle medie, a metà degli anni cinquanta), sia nell’esordio –da aiuto regista, nel 1965- in “Comizi d’amore”, cui fecero seguito “Uccellacci, uccellini” e “La terra vista dalla luna” (episodio “Le streghe”).  Eravamo comunque ai preliminari,poiché, Cerami  (nel 1967) era sceneggiatore ufficiale  di un bizzarro spaghetti western (con intingoli trash) , tale”El Desperado” Franco Rossetti, che più di un cinefilo esulterebbe a innestare nell’araldica, dichiarata e non, di Quentin Tarantino. Episodio non isolato poiché   il far west ‘alla matriciana’ (non disdegnabile fonte di ottimi ingaggi) fu per Cerami una lunga parentesi di vita (e di formazione esistenziale) che comprende titoli all’ammasso (da “Blindman”, storia di un pistolero orbo che accompagna per il deserto una carovana di signorine  allegre, all’improbabile “Pistolero del silenzio” che Cerami firma anche da regista)

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Che il resto (gli) sia tutto in discesa? Assolutamente no, perché Cerami era  intellettuale febbrile ed instancabile, anche nell’assaporare  la ‘libidine’ della provocazione e   contraddizioni   -come quando, avendo accettato il ruolo di ministro-ombra (alla cultura) del neonato Pd (su invito di Veltroni) si trovò a strologare contro Di Liberto, Giordano ed altri inveterati della sinistra integralista, provocando (anche da parte di chi scrive) sdegnate reazioni sia in pubblici dibattiti, sia opinioni giornalistiche, incitati da ciò che restava  (e che resta) della sinistra irriducibile e non disposta all’inciucio del ‘bere o affogare’.

E quindi, per oltre quarant’anni, Cerami   ha firmato sceneggiature blindate (e ad esito garantito)   per colleghi come Bellocchio, Amelio, Benigni, Monicelli e Scola; alternate a  e pellicole più lievi, surreali, svaporate   (tutte da riscoprire) come quelle di Francesco Nuti (“Stregati” e “Tutta colpa del paradiso”, due perle da cineteca),  Antonio Albanese (“La fame, la sete”),  Giovanni Veronesi  (“Manuale d’amore”) e per il figlio Matteo ( “Tutti al mare”, rivisitazione strampalata, persino imbarazzante di “Casotto” di Sergio Citti) .

Si sa che   dal  suo primo romanzo, “Un borghese piccolo piccolo” (del 1976) fu tratto il fortunato film  di Monicelli interpretato da Alberto Sordi, senza per questo essere tra gli esisti più riusciti del maestro viareggino. In linea progressiva, ma con naturale attitudine alla bizzarria, al cambio di marcia e di rotta, seguono  “Amorosa presenza” (1978), il romanzo in versi “Addio Lenin” (1981), “Ragazzo di vetro” (1983), “La lepre” (1988), romanzo storico-fantastico, “L’ipocrita” (1991), “La gente” (1993), “Il signor Novecento” (1994), racconto musicale realizzato con Nicola Piovani con il quale realizza anche lo spettacolo teatrale “Romanzo musicale” (1998). Il piacere della narrazione e dalla pagina scritta ritorna con  “Consigli a un giovane scrittore” (1996); “Fattacci” (1997),  laddove Vincenzo Cerami racconta e analizza quattro delitti ripresi dalla cronaca italiana.  Seguono gli appunti di diario “Pensieri così”,  la raccolta di racconti “La sindrome di Tourette” e il romanzo “L’incontro” (2005) e “Vite bugiarde” (2007).

Ingiustamente nell’ombra,  resta la produzione dello scrittore dedicata al teatro, che pure aveva calcato in prima persona e in compagnia dell’amico Lello Arena : da “L’amore delle tre melarance”a “L’enclave del Papes”da “Sua maestà” a  “La casa al mare”. Tutte opere in cui la sua innata attenzione per il reale e la realtà, nelle sue manifestazioni più ‘mostruose’, eclettiche, degenerative sembrano rinsaldarsi, o meglio custodirsi, sotto lo sguardo sornione e benevolo del suo inventore. Timido, focoso, edonista (ex giocatore di rugby a buon livello),  come peggio non poteva capitargli


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