RWM: terzo giovedì di appuntamento con la vicenda della fabbrica di bombe del Sulcis. Si estende la partecipazione alle iniziative di lotta contro il suo ampliamento e per la riconversione industriale. Oggi Articolo 21 ospita l’intervento di una delle associazioni che fa parte della rete sociale che si è costituita
Non siamo “il centro del mondo”. E’ vero però che della superficie di una sfera quale è la terra, ogni punto è il centro. E in questo momento, in cui la Sardegna e il Sulcis Iglesiente sono sotto attenzione, non è di poco conto il racconto della vicenda di cui sono teatro. Può essere un riferimento per molte altre terre ed altri popoli.
I Sardi hanno storia di migrazioni e colonizzazioni. E nonostante qualcuno si affanni a cercarle negli antichi Shardana, sono un popolo da sempre estraneo a vocazioni imperialiste. Vicino a Carbonia, a Sirai, c’è la prova archeologica della convivenza pacifica tra i nuragici e i mercanti fenici. Poi, la Sardegna diviene la prima colonia d’oltremare, “il granaio di Roma”. A rapinare le risorse minerarie e forestali, arriveranno Pisa e Genova, Aragona e Spagna, i Savoia e infine la “Sardegna portaerei del Mediterraneo” dell’immaginifico Duce.
Da Carbonia – città fondata nel 1937 su una migrazione epocale dall’interno e dall’esterno dell’Isola – viene il carbone, la fonte di energia per sostenere le velleità imperialiste di un regime già soggetto alle “inique sanzioni” per le criminose azioni nella guerra d’Etiopia.
Quanto i nostri padri e nonni – che come oggi i lavoratori della fabbrica di armi di Domusnovas, dovevano soggiacere al ricatto dell’unico lavoro possibile – erano consci di faticare in condizioni di totale rischio, per produrre ancora più gravi sciagure?
Eppure era tutto già scritto. “Credo che la guerra sia legge della vita e che nell’ora segnata due popoli, due razze, seguiranno fatalmente il grido della foresta. La vittoria sarà del più forte di numero e d’armi.”. Così appena alcuni anni prima Achille Starace, numero due del regime, che poi aggiunge “Credo che l’Italia vada verso il pieno possesso di questa forza, sotto la possente guida del Duce”.
E’ la stessa ottica di chi oggi ripete il mantra “se vuoi la pace, devi preparare la guerra”. Di chi ci dice che “le guerre non si fermano smettendo di costruire armi” e che “se le armi non si costruissero qui, si farebbero altrove”. Potremmo anche dire: provate pure, vediamo se altrove saranno così d’accordo.
Abbiamo un’ottica e un’etica completamente diverse. Le armi non sono una merce qualsiasi, non servono se non si distruggono, distruggendo e uccidendo, hanno un veloce tasso di sostituzione, consentono profitti incomparabili rispetto a qualsiasi altro prodotto di mercato. Oggi poi “i droni sono in grado di prendere decisioni autonome in ambienti di combattimento fluidi e imprevedibili.” La definizione si trova sul sito di una importante startup bellica italiana.
Siamo al fuori da ogni dimensione di diritto, di responsabilità, di umanità.
I governanti europei ci dicono che il “riarmo” sarebbe fondato sulla difesa dei “valori” occidentali ed europei della democrazia. Ma intanto la “democrazia” rappresentativa non è un valore fondativo, è un metodo. Non è neppure un frutto europeo, è nato tardivamente negli Stati Uniti e perciò anche immaturo. Lo stesso suffragio universale è di poco tempo fa: le nostre nonne hanno votato per la prima volta nel 1948.
L’Europa moderna è fondata sulla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. Nella sala dove il Re di Francia presiede gli Stati generali, e nobili e clero hanno già occupato il lato alla destra del Re, il Terzo Stato si schiera a sinistra.
Libertà, Eguaglianza, Fraternità. Non c’è chi non veda che l’etica fondativa del cosiddetto “Occidente” è quella che dall’incontro del giudaismo e dalla filosofia greca è stata diffusa dal Cristianesimo: Paolo di Tarso e Agostino. Gli uomini sono liberi di decidere il proprio destino, perché così li ha creati Dio. E perciò stesso sono tutti uguali e fratelli tra loro.
Poi, dentro la contrapposizione tra il liberismo senza uguaglianza e l’egualitarismo senza libertà, la fraternità si è persa per strada. “Libertà, uguaglianza… ma che fine ha fatto la fraternità?” chiedeva proprio Chiara Lubich, fondatrice del movimento cristiano dei Focolarini in un memorabile intervento al parlamento inglese.
Per Eric Hobsbawm la peculiarità del ‘900 – il suo “secolo breve” – è stato il solidarismo operaio, nato nella comunanza del lavoro nelle fabbriche e nelle miniere. La Società Operaia Industriale di Mutuo Soccorso – la più antica associazione del Sulcis Iglesiente, in vita dal 1884, sopravvissuta al commissariamento fascista – è ancora oggi memoria di quella storia di solidarietà. E’ in questa terra colonizzata e sfruttata che dall’esperienza del mutuo soccorso hanno avuto origine le prime organizzazioni di autodifesa dei lavoratori, le “leghe di resistenza” dei battellieri e dei minatori, tra i primissimi sindacati italiani, fondati da Giuseppe Cavallera, sindaco socialista di Carloforte nel 1906, deputato e senatore del Sulcis-Iglesiente dal 1913 al 1921, e nuovamente dal 1948 al 1952.
Da questa terra, ora al centro dell’attenzione, abbiamo la responsabilità di ricongiungere i diversi percorsi, le diverse ispirazioni del solidarismo, ricostruire fratellanza nei confronti del resto del mondo, a partire dai nostri dirimpettai mediterranei.
Dobbiamo insieme ottenere per la nostra gente – in primo luogo per i lavoratori che oggi vedono nelle fabbriche di armi l’unica opportunità disponibile – condizioni di lavoro sano, in pace con gli altri uomini e con la natura. Da quando si parla solo di “difesa” dal futuro nemico – peraltro – ci si è praticamente dimenticati della “difesa dell’ambiente”.
Abbiamo il compito di sollecitare e insieme supportare con lo studio e l’elaborazione gli interventi delle istituzioni regionali e locali per evitare l’ampliamento degli impianti, fermare la produzione e il traffico di armi, ma anche a formulare progetti, anche ambiziosi, di rinascita sociale e sviluppo economico.
Sinistra Futura, con le altre forze politiche della maggioranza, sta elaborando iniziative perché il Comune di Cagliari richieda all’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna ed alle altre autorità competenti l’interruzione e il divieto di tali operazioni nel porto di Cagliari.
Condivido l’idea di Zohran Mamdani, migrante ora sindaco di New York, che “gli elettori si aspettano dai leader politici una visione audace di ciò che intendono realizzare, più che una lista di scuse per ciò che sono troppo timidi per tentare.”
In Sardegna abbiamo come riferimento il patto costituzionale con lo Stato inscritto dalle madri e dai padri costituenti nell’articolo 13 dello Statuto di Autonomia: “Un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola”.
Per citare le parole di Luigi Cogodi, assessore regionale comunista negli anni ’80 e ’90, autore di due Piani per il Lavoro: “Un nuovo Piano di rinascita dovrà essere insieme piano organico di ri-naturalizzazione integrale della Sardegna e piano straordinario per il lavoro e lo sviluppo locale tendente idealmente alla piena occupazione.”
1 Alberto Sechi – Iglesias – Ufficio Regionale di Presidenza Sinistra Futura Sardegna.
