Bene ha fatto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti a fare appello all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni perché venga convocato con urgenza il Comitato istituito per vigilare sulla correttezza della trattazione dei processi in tv. L’Agcom deliberò al riguardo nel 2008, prevedendo l’istituzione di un tavolo tecnico per redigere un Codice di autodisciplina. Il testo vide la luce nel 2009, ma poco dopo calò il silenzio.
Del resto, in un paese di poeti, navigatori e giuristi accade con qualche frequenza che un articolato normativo venga varato per essere presto dimenticato, senza particolari dubbi o patemi d’animo.
Così, dopo i provvisori sussulti legati ai casi di Avetrana (Sarah Scazzi) e di Perugia (Meredith Kercher), l’attenzione è scemata. E, come spesso succede, nel vuoto sono nati i mostri.
Non si era mai vista, infatti, una perdurante e interminabile cerimonia mediatica come quella dei processi sull’efferato omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Un femminicidio che richiedeva una compostezza e un ritegno doverosi per non trafiggere ogni giorno una povera giovane che ha perso la vita in circostanze tuttora ignote. Oltretutto dal 2007 (l’anno della morte violenta) ad oggi non è stato chiarito il movente. Come sa chi un po’ si è applicato alle politiche criminali, l’individuazione di un movente plausibile è essenziale per scoprire colpevole o colpevoli.
Ecco. Altro che violazione di linee guida e codici di comportamento. Se in un passato pure recente si intendeva evitare che il video influisse sugli orientamenti della magistratura, ora -con il caso eclatante della cittadina pavese- nei talk quotidiani (a colazione, a pranzo e a cena) si fa direttamente l’istruttoria. Si sono create due tifoserie, a favore o contro l’attuale detenuto dopo vari gradi di giudizio Alberto Stasi e l’ipotetico nuovo indagato Aberto Sempio. Sono passati tanti, forse troppi anni dal delitto. E questo è il problema, ovviamente. Tuttavia, si è appena celebrata l’udienza sull’incidente probatorio e staremo a vedere il seguito.
Però, siamo ben al di là delle incursioni nel segreto istruttorio o nella corretta dialettica tra le parti. Siamo al cospetto di una vera soap opera, con protagonismi televisivi non sempre accompagnati da serietà e competenza.
Tutto ciò c’entra -eccome- con la campagna referendaria sulla giustizia o, meglio, su un quesito alquanto fuorviante «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» che sottende la divisione del Consiglio superiore della magistratura in due (inquirenti da una parte, giudicanti dall’altra) e l’entrata in scena di un’entità vocata a divenire una sorta di tribunale speciale.
Il tutto è condito con estrazioni a sorte e la chiara volontà di sottomettere i Pubblici ministeri al controllo del governo. Quest’ultima è la reale volontà nascosta, visto che la conclamata divisione delle carriere c’è già.
Ora, formatisi i due Comitati, quello promosso dall’Associazione togata presieduto da Nicola Grosso e l’omologo costituito da associazioni della società civile diretto da Giovanni Bachelet, si è avviata la raccolta di firme per evitare una precipitazione burocratica della scadenza elettorale già ai primi di marzo 2026 e per coinvolgere molte persone poco informate ed incerte. Si tratta di un referendum confermativo, con l’opportunità di apporre la firma digitale.
Se tale è il quadro, assai anomalo e almeno parzialmente inedito, urgono disposizioni atte a regolamentare una situazione che altrimenti sfugge di mano.
È lecito attendersi un immediato aggiornamento delle linee stabilite dall’Agcom e -per la parte che concerne la Rai, secondo le sollecitazioni del consigliere Roberto Natale- da una Commissione parlamentare a tale scopo sbloccata.
Per dirne una: le trasmissioni sugli eventi giudiziari devono attenersi alla stretta notiziabilità e non possono assumere toni e stili da talk.
Una sorta di silenzio referendario si rende indispensabile, perché altrimenti una campagna priva di regole distrugge ogni principio di rispetto delle persone implicate e dell’elettorato.
