Giornalismo sotto attacco in Italia

Ombre (pesanti) di fascismo. E il fenomeno-Colosimo

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Cosa c’entrano la Colosimo, il busto di Mussolini con la patrimoniale? Molto di più di quanto non possa sembrare.

C’è chi lo fa con garbo sbarazzino (Colosimo), c’è chi lo fa con disprezzo ridanciano (La Russa), c’è chi lo fa con falsa pompa magistrale (Vannacci), il punto non cambia: la normalizzazione del fascismo come premessa alla liquidazione della democrazia liberale. Una normalizzazione che in Italia si accompagna con l’aspirazione alla tombale impunità penale e morale, per tutti coloro (fascisti, piduisti, agenti infedeli dello Stato), che hanno sopportato la grande traversata nel deserto iniziata nel 1945 e terminata nel 1994, sino all’apoteosi del primo Governo Meloni.

Di quest’ultimo e specifico obiettivo si sta occupando con sagacia proprio l’on. Chiara Colosimo nella sua veste di presidente della Commissione parlamentare anti mafia, che lungi dall’indagare i fili neri che legano le stragi della “strategia della tensione” con le stragi terroristico-mafiose degli anni ’90 (basti qui ricordare l’interesse di Falcone per Gladio), lavora per consegnarle ad un perimetro di responsabilità innocuo, fatto di politici ed imprenditori rigorosamente della “Prima Repubblica”, magistrati corrotti a loro legati e mafiosi tanto bellicosi quanto temerari.

Forse è ormai ristretta la platea di cittadini disposti ad insorgere contro questo tentativo di (ulteriore) depistaggio istituzionale, come lo ha definito il magistrato Nino Di Matteo, forse è altrettanto ristretta la platea di cittadini pronti a farlo di fronte alla banalizzazione sistematica di fascismo e nazismo, che consente alla Colosimo di schermirsi con un incantevole “ho-fatto-una-stronzata”, ma chissà che la situazione non possa mutare chiarendo cosa c’entri tutto questo con la giustizia sociale, con la “patrimoniale” di cui si torna a parlare in questi giorni e con le bordate sparate contro la CGIL rea di proclamare lo sciopero generale.

Per chiarire il collegamento bisogna tenere presente Elon Musk, con il suo stipendio-premio da mille miliardi di dollari, la sponsorizzazione clamorosa attivata a favore delle forze di estrema destra in Occidente, dalla MAGA di Trump fino alla neo-nazista AFD in Germania e ricordare che gli oligarchi del capitalismo globale hanno capito da tempo di non avere bisogno della democrazia per prosperare, anzi! Perchè la democrazia liberale, orientata alla giustizia sociale e quindi alla redistribuzione è una zavorra intollerabile nella competizione mondiale, con la sua pervicace pretesa di regolamentare il mercato, cioè di fissare limiti alla naturale propensione all’accumulazione, che tende a fare moltitudini di morti, feriti e dispersi… senza virgolette.

Indimenticabile da questo punto di vista il dossier della JP Morgan che già nel Maggio del 2013 sentenziava: basta con le Costituzioni anti-fasciste!

Le destre neo fasciste sono oggi perfettamente funzionali a questo disegno, come lo fu il fascismo di cento anni fa rispetto ai desiderata dei padroni del vapore e della terra.

La realizzazione di questo piano non può che passare dall’attacco alla libertà di stampa (Media freedom act, direttiva SLAPP, infatti platealmente disattese), alla indipendenza della magistratura (la riforma “Nordio” all’ultimo giro di referendum), alla scuola pubblica (che invece cade letteralmente a pezzi). Mentre è già un fatto acquisito che le nostre vite dipendano nei loro aspetti più delicati (energia, sicurezza, salute, comunicazioni) da piattaforme digitali private, che fanno quello che vogliono: non ci si può stupire che Facebook possa “imbavagliare” pagine ritenute inopportune. Fa parte del “piano”. Anche per questo forse, oltre a discutere di “patrimoniale”, bisognerebbe discutere di pubblicizzazione continentale delle piattaforme digitali: un nuovo “piano Mattei”, molto diverso da quello di Meloni e sodali.

Chiedere, ancora una volta, le dimissioni della presidente Colosimo dovrebbe essere naturale conseguenza di una resistenza democratica che non si lascia prendere in giro. Una resistenza democratica che dietro i singoli episodi raccolti da Report, che illuminano un retroterra limaccioso fatto di abbracci imperdonabili, sappia riconoscere questo percorso esiziale per la Repubblica italiana nata dalla Liberazione, nata da quel “MAI PIU”, così tante volte tradito e contraddetto eppure ancora unica bussola tra libertà e oppressione.


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