Giornalismo sotto attacco in Italia

La libertà di raccontare: il valore di un giornalismo che non si piega

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C’è un modo di fare giornalismo che non ha bisogno di clamori né di riflettori.
Un giornalismo onesto, serio, preparato. Che non si piega, non si lascia intimorire, non rincorre il consenso.
Raro, ma vivo. Un modello che ispira fiducia in un tempo in cui l’informazione si mescola con propaganda, toni urlati e verità costruite.
C’è anche un modo di fare politica che non ha bisogno di definizioni, perché si racconta da sé: quando, con una mano, usa i mezzi di comunicazione come megafono per autocelebrarsi e, con l’altra, affossa chi osa porre domande. Domande legittime. Domande di interesse pubblico.
Ogni volta che qualcuno prova a mettere in discussione il potere, torna la vecchia tentazione di delegittimare la stampa, soprattutto quella libera e non controllabile. Accade nelle grandi città come nelle province, dove il giornalismo è più vicino ai cittadini, più esposto, più vero.
Nei giorni scorsi, uno dei più attenti e acuti giornalisti del Nuovo Quotidiano di Puglia, Vincenzo Maruccio, è stato pubblicamente contestato nel corso di una conferenza stampa convocata per criticare il suo operato. Il “j’accuse” riguardava un articolo in cui il collega sollevava l’ipotesi di un sostegno politico sottaciuto, un accordo tra la Sindaca di Lecce (Fi) e la Lega in vista delle prossime elezioni regionali, smentito dalla stessa che ha dichiarato di “non tollerare più certa stampa di provincia ”.
A tal proposito è bene fare alcune precisazioni.
La stampa di provincia è una sentinella: racconta le pieghe nascoste della realtà, vive nei margini, nelle periferie, nelle comunità che non hanno voce. A volte fa da campanello d’allarme a una politica cieca che si guarda allo specchio ma non esce mai dal palazzo, se non per creare contenuti social.
È fatta di professionisti che lavorano con dedizione e che accettano il rischio dell’isolamento pur di non diventare megafono di qualcuno.
Sono uomini e donne che ogni giorno devono attendersi — quando va bene — critiche, ironie, accuse di faziosità da chi non tollera il contraddittorio. Ma restano lì, a fare il loro mestiere: testimoni liberi dei fatti.
È quello che ha sempre fatto Vincenzo Maruccio. È quello che fa il nostro direttore Rosario Tornesello. È quello che fa l’intera squadra del Quotidiano. *Giornalisti di provincia?* Forse. Ma capillari, scrupolosi, garbati. E poi forti, coraggiosi, integri.
In questo contesto, il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia, riunitosi il 7 novembre 2025, ha espresso solidarietà al collega ricordando i principi che sono pilastri della democrazia.
La stampa non è soggetta ad autorizzazioni né a censure — lo sancisce l’Articolo 21 della Costituzione — e i giornalisti hanno il dovere di esercitare il diritto di cronaca e di critica, tutelando la riservatezza delle fonti, come previsto dall’Articolo 2 della legge 69/1963.
Sono parole antiche, ma attualissime, che tornano a brillare ogni volta che la libertà di informazione viene messa in discussione.
La libertà non è mai scontata, e la parola scritta può essere un atto di coraggio.
Nella Fattoria degli animali, George Orwell mostra come la libertà possa essere soffocata lentamente: i maiali riscrivono le leggi, manipolano i fatti, censurano i ricordi, perfino cambiano le parole incise sui muri della fattoria. È un monito eterno: chi controlla le parole, controlla la realtà.
Ecco perché bisogna insistere. Scrivere, raccontare, resistere.
Perché le parole sono armi, ma sono anche la cura.
E la libertà di raccontare resta, oggi come ieri, la forma più autentica di democrazia.
A Vincenzo, in realtà, la solidarietà non serve. È un professionista garbato e gentile, ma anche determinato e forte. Serve a noi, giornalisti con meno esperienza, a chi cerca modelli cui ispirarsi.
Se qualcuno sogna i giornalisti da vetrina e i talk show, altri guardano altrove. Perché non importa se sei Sigfrido Ranucci o Vincenzo Maruccio, se vivi a Roma o in una delle province sperdute della Puglia. Ciò che conta davvero è riuscire a ispirare fiducia e forza.
Arriva un momento in cui ti viene voglia di tacere, di lasciar soffocare lo spirito critico. Ma vedere qualcuno che resiste ti ridà coraggio, ti ricorda che si può fare giornalismo con dignità, eleganza e determinazione. Se uno alza la testa, alla fine la alzeranno tutti quelli che hanno ancora la proprietà del collo (ovviamente).

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