Giornalismo sotto attacco in Italia

In difesa di Francesca Albanese

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Se poteva sussistere ancora qualche dubbio sulla connivenza del governo italiano con le azioni genocidiarie di Israele, le dichiarazioni rese dall’ambasciatore italiano Maurizio Massari all’Assemblea Generale dell’ONU il 28 ottobre in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto di Francesca Albanese (Il genocidio di Gaza: un crimine collettivo), costituiscono la prova del nove. Gli attacchi più feroci a Francesca Albanese sono venuti da Israele, Italia e Ungheria. L’ambasciatore israeliano Danny Danon ha scagliato alla relatrice Onu una vera e propria maledizione: “Signora Albanese, lei è una strega. Questo rapporto è un’altra pagina del suo libro degli incantesimi. Ogni accusa è un incantesimo che non funziona, perché lei è una strega fallita. Possano le sue maledizioni continuare a ritorcersi contro”. Per quanto possa sembrare incredibile l’ambasciatore italiano è intervenuto a dare manforte al collega israeliano. Nessuna parola di censura delle azioni di Israele, soltanto una radicale delegittimazione del lavoro della relatrice accusata di aver violato il mandato dei relatori speciali che non includerebbe indagini sui paesi terzi, né sulla cooperazione dei paesi terzi con la Corte penale internazionale.

A detta del rappresentante italiano il rapporto sarebbe del tutto privo di credibilità, di imparzialità e buona fede. Secondo il governo italiano l’Albanese avrebbe invaso un campo non suo ficcando il naso nella cooperazione degli Stati terzi con Israele. In sostanza il Consiglio ONU dei diritti umani che affida a degli esperti il compito di indagare sulle violazioni dei diritti umani – in questo caso – nei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967, non deve interessarsi di politica e non deve dare fastidio al governo italiano. Sembra di sentire la Meloni quando da New York il 24 settembre, ha accusato la Global Sumud Flotilla  di avere come obiettivo primario non l’aiuto umanitario, ma piuttosto quello di «attaccare il governo italiano». Oppure quando ha definito la decisione della Corte dei Conti sul ponte sulla Stretto come un «ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento». L’attacco all’Albanese rientra nel filone dell’insofferenza, da parte di una politica che aspira ai pieni poteri, ai vincoli fastidiosi del diritto, specialmente quando questi vincoli vengono ribaditi dai giudici, non importa se ordinari, amministrativi, contabili o internazionali. Ma nel caso dell’Albanese c’è qualcosa di più. Francesca Albanese, insieme a tante altre voci della società civile , come quella di Amnesty International o della israeliana B’Tselem, con l’autorevolezza che le deriva dalla missione conferitagli dall’ONU, ha descritto impietosamente l’orrore di quanto accade nella Striscia di Gaza e non ha esitato a dargli l’esatta qualificazione giuridica: genocidio. Ma non si è fermata qui, ha voluto indagare sui fattori economici e politici che hanno agevolato e agevolano ancora la condotta di Israele. Per questo negli ultimi due mesi l’Albanese è stata sottoposta alla manganellatura mediatica dei giornali di regime

che ha spianato la strada alla scomunica ufficiale del Governo italiano all’ONU. Ma quali sono le ragioni di tanta stizza? Nel suo ultimo rapporto l’Albanese mette a fuoco la responsabilità di Stati terzi nel favorire le condotte genocidiarie dello Stato d’Israele, scrive nell’introduzione: “Senza la partecipazione diretta, l’aiuto e l’assistenza di altri Stati, la prolungata e illegale occupazione israeliana del territorio palestinese, che ora si è trasformata in un vero e proprio genocidio, non avrebbe potuto essere sostenuta”. Al paragrafo 41 osserva:” L’Italia, terzo maggiore esportatore verso Israele nel periodo 2020-2024, ha sostenuto di rispettare gli obblighi legali di cessare tali esportazioni, pur mantenendo gli accordi esistenti e adottando un approccio di non intervento al transito. Queste azioni, nonostante obblighi chiari e preoccupazioni crescenti, indicano l’intento di facilitare i crimini israeliani.” Evidentemente questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Albanese ha messo il dito nella piaga dello scandalo della continuata collaborazione militare italiana sancita dal Memorandum d’Intesa con Israele stipulato il 16 giugno 2003 (ratificato con la legge 94/2005), della fornitura di materiale bellico (dapprima negata e poi riconosciuta per 4,3 milioni di euro), e del consenso al transito di armamenti diretti ad Israele dai porti italiani, fino a quando non sono intervenuti i lavoratori portuali a bloccarli. Questi comportamenti di supporto ad Israele sono stati ben evidenziati da una denuncia che un gruppo di giuristi ha presentato il 14 ottobre alla Corte penale internazionale per complicità del Governo Meloni con i crimini di Israele. Francesca Albanese non è una strega ma una testimone di verità. Ha sfidato Netanyahu, Trump e adesso anche la Meloni: un motivo in più per non lasciarla sola.


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