Giornalismo sotto attacco in Italia

E’ una questione di dignità e di libertà, non di triangoli o quadrilateri

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“Il triangolo no, non lo avevo considerato…” , sembra riecheggiare il ritornello audace del Renato Zero anni ’70 nella vicenda dell’invito alla festa di Atreju da parte di Giorgia Meloni a Elly Schlein e poi a Giuseppe Conte. A prescindere dall’evoluzione della vicenda – la Schlein si è già ufficialmente sfilata – mi viene da fare un a personalissima considerazione.

La politica è l’arte della mediazione e del confronto, ovviamente. Ma ci sono situazioni politiche ben diverse dalle altre.

Ora, da tre anni, in Italia siamo in presenza di una premier che rifiuta conferenze stampa e domande, vantandosi in mondovisione di non parlare con la stampa italiana. Non è normale. La stessa persona, un’ora dopo che la Corte dei conti (ripeto, la Corte dei conti) ha avanzato rilievi, successivamente assai ben motivati, sul ponte sullo stretto di Messina, afferma, ridacchiando, che tanto adesso i magistrati con la nuova legge queste ingerenze  non potranno più farle.

Qualche giorno dopo il ministro della giustizia del governo Meloni, a precisa domanda, risponde che si, la riforma della magistratura è quella che voleva Licio Gelli – il capo della loggia eversiva P2- ma se il signor Gelli ha detto una cosa giusta perché non farla?

Passa qualche altro giorno e il tanto sbandierato accordo bipartisan sulla necessità del consenso da parte della donna perché un rapporto sessuale non possa definirsi stupro viene rinviato in parlamento per l’opposizione della Lega.

Intanto lo schieramento progressista, con l’accordo di casa riformista, stravince le elezioni regionali in Campania e Puglia e guadagna voti anche in Veneto.  La partita nazionale potrebbe riaprirsi, accordo fra i partiti di opposizione permettendo (e questo è il vero e solo problema). Nel dubbio, mezzora dopo i risultati, Giorgia Meloni annuncia il cambiamento della legge elettorale per imporre il nome del candidato premier nella scheda. Passa un’altra ora e annuncia la legge sul premierato, tutte questioni per le quali è necessario indebolire il presidente della Repubblica con complotti, quelli si, ridicoli e gestiti, per una volta tanto, facendosi autogol (la vicenda è anche legata a una squadra di calcio, come si sa).

Insomma, bisogna riconoscere che questa estrema destra al governo non fa niente, ma niente, per nascondere la sua vera natura, autoritaria, insofferente alle regole della democrazia, affamata di smantellamento della Costituzione. Ma allora, in due, in tre, in quanti si voglia, perché andare ad Atreju come se ci fosse un confronto politico normale? Ma aggiungo: perché andare da Vespa? Allo schieramento progressista hanno fatto più male anni di Porta a Porta di quanto non ne abbiano fatto i partiti politici di destra.

Rovesciare metaforicamente i tavoli è necessario oggi è necessario perché un governo così impegnato a smantellare la Costituzione repubblicana non lo abbiamo mai avuto dal 1945 e continuare a pensare che sia sempre la solita storiella italiana è sbagliato: la comunicazione è centrale per convincere i cittadini a tornare a votare, l’informazione è vitale per la democrazia, ma andare ad Atreju non è un contributo in quella direzione, non andare è invece una questione di dignità e di libertà.


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