Ancora una volta, un tribunale ristabilisce le regole di comportamento del vivere civile in democrazia. I giudici di Spoleto hanno rigettato la pretesa di un generale dell’Aeronautica di oscurare il sito di Articolo 21 che lo avrebbe diffamato accusandolo di avere mentito sulla strage di Ustica in una intervista radiofonica a Zapping di Rai Radio.
Il diritto costituzionale della libertà di espressione resta dunque intangibile, pur nel recinto di leggi che ne impediscono lo sconfinamento in reati quali la calunnia e la diffamazione. La strage aerea di Ustica, con le sue 81 vite stroncate nel 1980 sull’aereo dell’Itavia abbattuto sul Tirreno, rappresenta da anni un terreno di scontro: da una parte, familiari delle vittime, magistrati e altri ricercatori della verità; dall’altra, occultatori e travisatori della stessa. Chi scrive ha subito la stessa “attenzione” di Art. 21, per i giudizi espressi nel corso della trasmissione televisiva “Linea di confine” della Rai.
Com’è noto, i vertici dell’Aeronautica furono accusati di alto tradimento, ma poi assolti perché il loro comportamento seguito alla strage venne derubricato a “turbativa” e prescritto. Malgrado le omissioni, la scomparsa di prove e l’alterazione di registri delle basi radar, gradi di giudizio successivi assolsero definitivamente i generali. I tribunali civili e la Cassazione ribadirono però le loro responsabilità condannando lo Stato – del quale erano servitori – al risarcimento sia delle vittime sia della compagnia aerea. Ognuno tragga le proprie valutazioni.
Torniamo alla strage e ad alcuni dei fatti verificati e non più contestabili. Non è vero che il DC9 dell’Itavia sia esploso a causa di una bomba piazzata a bordo. Lo hanno appurato i periti incaricati dai magistrati ed è stato ribadito da sentenze giudiziarie. Non è vero che un ordigno venne collocato nella toilette dell’aereo; non è vero che il presunto attentato venne compiuto da terroristi palestinesi; non è vero che gli stessi terroristi fecero esplodere anche la stazione di Bologna 36 giorni più tardi. Della fantomatica bomba sull’aereo nessuno rinvenne tracce: né nei polmoni delle vittime che avrebbero dovuto respirane i fumi, né nelle cappelliere dell’aereo, né nella passatoia della fusoliera, né altrove. I resti della toilette, ripescati in mare con altre parti del relitto, non mostravano alcuna traccia di essere stati interessati dall’esplosione: la porta deformata verso l’interno e non verso l’esterno, il lavabo e gli accessori indenni dalle conseguenze di un’esplosione, la tavoletta del water integra. Nessuna traccia di bomba, infine, neppure nel corpo riesumato di una passeggera alloggiata all’esterno della sottile paratia.
Eppure, esponenti dell’associazione AVDAU per la verità su Ustica (creata 36 anni dopo la strage, e da non confondersi con l’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica) continuano a diffondere una “verità” su misura – quella di un attentato dinamitardo ad opera di terroristi palestinesi – con interviste, libri ad hoc e convegni. Prima voce veemente delle bombe palestinesi su Ustica e Bologna, è l’ex parlamentare Carlo Giovanardi il quale si trincera da anni dietro una presunta informativa dal Libano dei servizi segreti italiani i quali, nel giugno 1980 anno della strage di Ustica, avrebbero ammonito del progetto terroristico di far esplodere un aereo italiano. Non è vero neppure questo.
L’informativa del SISMI riguardava una larvata minaccia di occupare un’ambasciata in Sudamerica o di dirottare un velivolo sulla rotta del Medio Oriente ma, soprattutto era del 16 giugno 1981 e non del 1980 anno della strage. I Servizi informarono personalmente – ma inutilmente a quanto pare – Carlo Giovanardi tramite il DIS, Dipartimento Informazioni per la Sicurezza: i palestinesi non erano coinvolti nella strage di Ustica. Malgrado la precisazione, esponenti dell’associazione AVDAU continuano però a battere su quel tasto. Recentemente, hanno chiesto di indagare sulla pista palestinese al giudice che deciderà se archiviare l’ultima inchiesta per strage.
Con l’ultima condanna all’ergastolo del terrorista nero Gilberto Cavallini la Cassazione ha invece messo la parola fine all’attentato di Bologna. Al processo di appello, lo stesso procuratore generale di Bologna ha ribadito l’estraneità dei palestinesi nella strage, progettata e realizzata da terroristi neri dei NAR. Se qualcuno vuole riscrivere la Storia si rassegni.
