Ci sono consigli comunali che sembrano non avere mai letto la Costituzione, o che forse l’hanno letta e hanno scelto scientemente di ignorarla. È il caso di San Benedetto del Tronto, che nel 2025 ha preferito non revocare la cittadinanza onoraria al dittatore fascista Benito Mussolini. Come? Con la più comoda delle strategie: l’astensione. Si astiene il sindaco, si astiene il presidente del consiglio, la maggioranza non si presenta nemmeno. È l’ignavia elevata a metodo: il non decidere che diventa decisione, l’inerzia travestita da politica.
Ma il punto non è solo San Benedetto. Il punto è che in Italia, ottant’anni dopo la Liberazione, c’è ancora bisogno di discutere se Mussolini debba essere cittadino onorario di un comune. Non dovrebbe esserci discussione. La Costituzione repubblicana è esplicita: è antifascista. Non neutra, non equidistante, non “conciliatrice”. La XII disposizione transitoria e finale vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista. È la pietra angolare del nostro patto civile: non ci può essere spazio istituzionale per il fascismo. Eppure lo spazio resta, nei silenzi e nelle omissioni. Come a Gorizia, così a San Benedetto. E per difendere ciò che dovrebbe essere scontato, cittadini e associazioni sono costretti a rivolgersi ai tribunali. È come se ogni volta la Repubblica dovesse giustificare se stessa, dimostrare di essere antifascista. Una fatica inutile, eppure necessaria, perché c’è sempre qualcuno pronto a minimizzare: “è solo un titolo, è solo un simbolo”.
I simboli, invece, sono la sostanza della politica. Sono il linguaggio con cui una comunità dice da che parte sta. Non revocare la cittadinanza a Mussolini significa raccontare una Repubblica che si vergogna della propria origine, che non osa difendere la propria memoria. È l’apologia del fascismo in forma mite: non nella riorganizzazione, ma nell’indifferenza. Per fortuna ci sono anche esempi opposti. Salò, pochi mesi fa, ha votato la revoca. Il nome stesso di quella città è sinonimo di fascismo repubblichino, e proprio lì è arrivata la decisione più netta. È la dimostrazione che quando c’è la volontà politica, i fantasmi si dissolvono.
La Costituzione italiana non è neutrale. È partigiana, orgogliosamente. Sta dalla parte della libertà, dell’uguaglianza, della dignità umana. Quando un consiglio comunale sceglie l’ignavia, tradisce non solo la memoria ma l’atto stesso di nascita della Repubblica. Per questo non è questione di “simboli”: è questione di fedeltà costituzionale.
San Benedetto del Tronto ha preferito non scegliere. Ma non scegliere, in questo caso, significa schierarsi dalla parte sbagliata della storia: quella opposta alla Costituzione.
