Ogni reporter a Gaza è una voce in pericolo. Noi giornalisti occidentali non possiamo più limitarci a scrivere i nostri articoli. Bisogna sostenere i colleghi che rischiano tutto per informarci con integrità. Come rivelano le storie di Mariam Dagga e delle ultime quattro vittime, che non contano più delle altre ma sono uno spartiacque.
Soprattutto dopo le parole ipocrite e false di Netanyahu che ha avuto il coraggio infame di affermare che “Israele esprime profondo rammarico per il tragico incidente avvenuto all’ospedale Nasser di Gaza” e che “apprezza il lavoro dei giornalisti, del personale medico e di tutti i civili” annunciando che “le autorità militari stanno conducendo un’indagine approfondita”.
La misura è colma da tempo, Basta.
Ognuno dei 245 giornalisti uccisi, ma potrebbero essere di più, conta.
Meritano il nostro impegno perché volevano evitare che altre vite, altre storie, finissero senza che nessuno le avesse conosciute.
È ora di una protesta forte e non violenta per proteggere i giornalisti di Gaza. Scioperiamo, piazziamoci davanti alle ambasciate israeliane, facciamo qualcosa di concreto.
L’uccisione di Anas Al-Sharif, che Israele ha giustificato con accuse infondate di “terrorismo”, e di tutti gli altri colleghi colpevoli solo di fare bene il proprio mestiere, insieme agli attacchi agli ospedali, non possono restare impuniti. È giunto il momento di alzare la voce per proteggere i giornalisti a Gaza. La loro sicurezza è una questione di dignità democratica e di verità per tutti noi.
Il sacrificio dei reporter uccisi insieme alle oltre 60 mila vittime palestinesi, un vero e proprio genocidio, non può restare senza un’iniziativa pubblica. Serve una mobilitazione globale non violenta: una giornata di azione civile, perché le petizioni alle istituzioni internazionali, le campagne di informazione su quanto accade nella Striscia sono importanti, ma non bastano.
Pensiamo a un sostegno finanziario alle redazioni sul campo a Gaza affinché possano provare ad attivare programmi e misure di protezione efficaci.
Mariam, Anas e gli altri, meritano il nostro impegno perché volevano evitare che altre vite, altre storie, finissero senza che nessuno le avesse conosciute.
Una protesta forte e non violenta per proteggere i giornalisti di Gaza. Scioperiamo, piazziamoci davanti le ambasciate israeliane, leggiamo i loro nomi.
L’uccisione di operatori dell’informazione, insieme agli attacchi agli ospedali, non possono restare impuniti.
Chiediamo indagini indipendenti, protezione sul campo, responsabilità e giustizia per le loro morti.
Articolo 21 farà la sua parte. Come ricorda il coordinatore nazionale, Beppe Giulietti, “aderiamo a ogni iniziativa, leggeremo i nomi dei cronisti uccisi a Gaza agli eventi organizzati dai nostri presidi, chiediamo un’inchiesta internazionale e di far entrare i giornalisti occidentali a Gaza. Quando furono massacrati i redattori della rivista Charlie Hebdo scesero in piazza un milione e mezzo di persone. Per i giornalisti palestinesi ancora nessuno”.
È giunto il momento di agire.
Uniamoci.
#StandWithGazaJournalists
Qui l’elenco dei giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre
