Trasformare una resa, in una pace. Questo è il massimo risultato che traspare dai colloqui avviati in Alaska, per fermare la guerra in Ucraina. La Russia ha conquistato con la forza un pezzo di territorio nemico e se lo vuole tenere, come si è sempre fatto nelle guerre. Il principio che le frontiere non si modifichino con la forza è saltato e la UE – che lo ha inutilmente proclamato – deve rinunciarci. Zelensky non ha la forza per opporsi né a Trump, né a Putin e deve ingoiare un rospo grande come un bue, accettando la perdita di territorio, in cambio della salvezza del resto del Paese.
La UE – mai veramente interessata a una soluzione diplomatica del conflitto – accetterà obtorto collo il nuovo ordine, pur di riaprire gli scambi commerciali con la Russia e i suoi rubinetti di greggio a basso costo. Il dopoguerra rimarrà con un drammatico punto interrogativo: senza più diritto internazionale, ormai annegato nel realismo riconosciuto al più forte, quale sarà la prossima invasione?
