Giornalismo sotto attacco in Italia

Andrea Alberizzi, testimone scomodo dell’assassinio di Awdah Hathaleen in Cisgiordania

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Due scatti: nel primo una scena di quotidiana normalità con dei ragazzini che giocano al pallone, nel secondo un colono che spara ad altezza d’uomo con alle spalle una scavatrice al lavoro. In questi 2 fotogrammi si coagula il racconto coraggioso della vita dei palestinesi in Cisgiordania. Per questa testimonianza di verità un italiano, Andrea Alberizzi, è arrestato e espulso da Israele come un pericoloso nemico.

33 anni, pavese, docente al liceo e all’università, presidente dell’Associazione Karama, attiva nell’assistenza ai migranti, Alberizzi il 20 luglio scorso è in missione in Cisgiordania con Community Peacemaker Teams. Leggo nel sito che si tratta di una rete interconfessionale, che si occupa di diritti umani, non violenza, pace. E lo fa inviando squadre su invito delle comunità ch, in varie parti del mondo, affrontano situazioni di “conflitto letale”, scegliendo risposte non violente all’oppressione di cui sono vittime. Queste squadre sostengono e amplificano le voci degli operatori di pace locali, li sostengono, segnalano le violazioni dei diritti umani e offrono solidarietà.

Che la Cisgiordania sia un contesto di “conflitto letale” lo sappiamo da anni, almeno da quando la Guerra dei sei giorni, iniziata come guerra difesa e conclusa come guerra di conquista, finì con l’occupazione nel 1967 delle alture del Golan, di Gaza, della Cisgiordania appunto, di Gerusalemme est. E il fenomeno degli insediamenti ad opera di coloni israeliani in Cisgiordania ha pure radici pluridecennali, ha goduto dell’acquiescenza o dell’aperto sostegno di governi israeliani di diverso orientamento e, malgrado l’ONU l’abbia definito illegale, è cresciuto nel tempo punteggiando a macchia di leopardo il territorio riconosciuto in parte di pertinenza palestinese con gli accordi di Oslo del 1993. Attualmente si contano oltre 250 insediamenti e circa 700.000 coloni israeliani, contrapposti ai 3 milioni circa di abitanti palestinesi.

L’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 costituisce un momento di svolta. Da allora in poi la pressione violenta contro i palestinesi della West Bank per spingerli ad abbandonare case, terre e villaggi si è intensificata: veri e propri raid contro i villaggi, incendi, devastazioni, saccheggi, controllo delle risorse idriche, omicidi impuniti, più di mille i morti palestinesi e forse 7000 i feriti. Ne sono protagonisti i coloni, spalleggiati dall’esercito e dalle forze di sicurezza.

Ancora nell’ottobre 2024 l’assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione – ma ricordiamoci l’astensione al voto dell’Italia insieme ad altri 42 Stati! – che chiedeva a Israele di porre fine alla presenza illegale nel Territorio palestinese occupato, in conformità con il parere emesso dalla Corte internazionale di giustizia (Cig) a luglio2024. Amnesty International usa parole inequivoche al proposito: violazioni sistematiche dei diritti umani, occupazione brutale, sistema di apartheid [https://www.amnesty.it/assemblea-generale-onu-israele-deve-cessare-loccupazione-illegale-del-territorio-palestinese/].

Testimone di questa escalation di violenza e dell’impunità garantita ai crimini commessi dai coloni, Alberizzi ha documentato in presa diretta un episodio illuminante di questa strategia: il 28 luglio scorso è a Umm al Kheir nei pressi di Hebron, assiste all’invasione coi bulldozer da parte dei coloni israeliani di campi coltivati dai palestinesi, vede le proteste degli abitanti locali e soccorre Awdah Hathaleen, colpito a morte da un colono, Ynon Levi, che spara alla cieca.

Levi era stato già responsabile di violenze in passato e contro di lui sono state imposte sanzioni dalla Ue e dal Regno Unito, non negli Stati Uniti, ove sono state revocate dal presidente Trump.

Hathaleen, quasi coetaneo di Alberizzi, padre di 3 figli, è noto anche in Europa quale attivista e giornalista che ha contribuito alla realizzazione del documentario No other land, premiato con l’Oscar. Il suo assassinio suscita commossi omaggi di chi l’ha conosciuto [My sweet friend Awdah Hathaleen was murdered by a West Bank settler. May his memory be a revolution by Emily Glick https://www.theguardian.com/commentisfree/ng-interactive/2025/aug/08/awdah-hathaleen-tribute], indignazione e solidarietà. Il «ministero degli esteri francese ha definito la violenza dei coloni “una questione di terrorismo”. “La Francia condanna con la massima fermezza questo omicidio e tutte le violenze deliberate perpetrate dai coloni estremisti contro la popolazione palestinese che stanno proliferando in tutta la Cisgiordania». Così si legge nel “Guardian” [William Christou, Quique Kierszenbaum, The Guardian 30.7.2025 ripreso da Internazionale.it].

La vicenda ha un seguito per Alberizzi che arrestato, trattenuto dalla polizia israeliana, è infine espulso dalla Cisgiordania e inibito a farvi ritorno.

Raggiungo Alberizzi a Lubiana, dove si occupa della sua associazione Karama, e gli chiedo qualche particolare. Ecco domande e risposte:

Quale finalità persegue Community peacemakers team, il gruppo col quale era in missione in Cisgiordania? Community Peacemaker Teams fa principalmente advocacy. Filma e riporta quello che coloni ed esercito israeliano fanno contro i palestinesi. Hanno anche un progetto attivo nel quale intervistano le persone più anziane della città di Hebron mettendo in risalto cosa è cambiato nel tempo.

Per maggiori dettagli si può consultare la loro pagina internet (cpt al Khalil/Hebron). Quando sono andato io erano 4 membri ma da lì a breve sarebbero diventati 6. Tutti palestinesi.

È importante sottolineare che io ero ad Hebron con loro ma poi sono andato autonomamente nel villaggio di Umm al Kheir.

Non era la sua prima volta in Israele: quali differenze ha riscontrato rispetto al passato? Era la mia terza volta, la seconda ad Hebron. Entrambe le altre due volte erano state prima del 7 ottobre e la situazione è cambiata molto. Ad Hebron la prima volta potevamo fare foto e video di quello che accadeva, i soldati ci intimidivano ma si riusciva comunque a lavorare. Oggi è impossibile. Molte vie della città vecchia ora sono quasi inaccessibili, i soldati senza motivi reali non permettono alle persone di accedere ad alcune strade. Anche l’accesso alla moschea ora è concesso ai palestinesi solo durante l’ora di preghiera, prima era sempre concesso.

Ella è un testimone scomodo di un crimine: ha avuto minacce, intimidazioni? Quali le modalità dell’arresto? Mi hanno arrestato senza mettermi le manette. In realtà credo di essere stato trattato abbastanza bene. L’unica cosa è che mi avevano comunicato che potevano tenermi per un massimo di 6 ore senza il mandato di arresto concordato da un giudice ma mi hannopoi trattenuto per 24 ore.

Non mi hanno fatto intimidazioni ma anzi, hanno parlato di ‘accordo: mi hanno fatto riavere il mio computer e le mie cose in cambio di accettare immediatamente la deportazione. L’avvocato mi ha poi detto che l’hanno fatto proprio perché ero un testimone scomodo e la mia permanenza li avrebbe messo in pericolo il colono responsabile dell’assassinio.

E’ stato interrogato? Da chi? Le è stata detta la motivazione del suo arresto? si . a voce mi hanno detto che ero stato arrestato per il sospetto di aver manomesso le telecamere del villaggio (siccome sono stato ‘catturato’ dentro la stanza dei monitor). Su un foglio che mi hanno rilasciato c’è scritto che sono stato arrestato per due motivi: aver messo in pericolo la vita delle persone ed aver intralciato le indagini.

Mi hanno interrogato tre volte, le prime due credo fosse la polizia, la terza era l’intelligence.

E l’espulsione: come è avvenuta e dopo quanto tempo? mi hanno arrestato il 28, comunicato la deportazione il 30 e deportato il 31.

Conosceva da prima la vittima dell’assassinio cui ha assistito? Sì, Awdah mi aveva portato al villaggio. Era un professore di inglese, per cui era una delle poche persone del villaggio con cui riuscivo a comunicare bene.

Nei giorni del suo arresto molta ansia tra chi la conosce. E le istituzioni italiane si sono attivate efficacemente? A casa hanno saputo della mia espulsione prima di me. Molti amici e famigliari si sono attivati con avvocati ed istituzioni e sono stati rassicurati. Però si, molta ansia. Le istituzioni italiane mi hanno chiamato ma sinceramente non le ho trovate preparatissime. Spesso chiedevano a me o ai miei famigliari cosa stava succedendo.

Quale messaggio vorrebbe dare dopo questa esperienza diretta della brutale morsa di violenza contro i civili palestinesi. Non saprei bene che messaggio. È incredibile però il diverso trattamento fatto tra un colono ed i palestinesi. Il colono ha ammazzato una persona ma è stato rilasciato prima di me, trattato con cura paterna e dopo qualche giorno lavorava ancora in quel villaggio. I palestinesi sono stati maltrattati, legati e bendati. Non si è saputo nulla di loro per giorni nonostante non avessero fatto nulla in confronto, solo lanciato qualche sasso.

Lineare, molto sobria nella scelta delle parole, la testimonianza non potrebbe essere più efficace.


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