Un giornalista non è mai nel posto sbagliato, meno che mai quando si trova dove le cose accadono.
Quando si tratta di un teatro di guerra, poi, il ruolo dei cronisti assume un’importanza vitale per la democrazia, e il giornalisticidio in corso a Gaza, con olte duecento cronisti assassinati dall’esercito israeliano, ne è la prova provata. Eppure, come denuncia Giuliana Sgrena nel suo nuovo libro, “Me la sono andata a cercare. Diari di una reporter di guerra” (Editori Laterza), se si tratta di una donna, o torna in una bara, e allora aveva sicuramente realizzato uno scoop, o torna viva, e allora, per l’appunto, se l’era andata a cercare.
Maschilismo e patriarcato, infatti, sono tuttora appannaggio anche del glorioso ceto giornalistico, compreso quello più illuminato o sedicente tale, secondo cui determinati ruoli dovrebbero essere riservati agli uomini.
Ebbene, Giuliana Sgrena, al pari di due colleghe che cita nel libro come Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, ha trascorso l’intera vita a sfatare questo falso mito, recandosi nei principali inferni del mondo, dall’Algeria all’Afghanistan, passando per Iraq, Siria, Pakistan e via elencando, per denunciare gli orrori della guerra e mostrare all’Italia quanto fossero spesso ingiuste, sbagliate e dannose le scelte dei suoi governi.
Una vita coraggiosa e in prima fila, dunque, con il rischio della morte messo sempre in conto e il piacere della sfida, della lotta, del reportage, della denuncia e dell’incontro con altri popoli e culture a caratterizzarne ogni viaggio e ogni articolo. “Cose da Manifesto” potremmo dire, simbolo di un giornalismo artigianale e di qualità del quale si avverte più che mai il bisogno.
L’intervista a questo link:
