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Maurizio Cocco da 31 mesi detenuto in Costa D’Avorio

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La vicenda di Cecilia Sala forse può aiutare a porre l’attenzione sugli altri nostri connazionali detenuti all’estero e di cui, fino ad ora, il governo non si è interessato.

In particolare Maurizio Cocco ingegnere detenuto da 31 mesi in Costa D’Avorio nel carcere di Abidjan. Inizialmente incriminato per riciclaggio e traffico di stupefacenti per poi essere assolto da questa accusa, ma condannato per evasione fiscale a due anni di reclusione. Pena scontata e conclusa il 2 giugno 2024. Ma Cocco è ancora in carcere, e non si sa per quale motivo non sia stato rilasciato. Come hanno dichiarato i suoi legali si tratta di «una detenzione illegale ed arbitraria». Pare ci sia ulteriore indagini su di lui sempre sui primi capi d’imputazione dai quali era stata assolto.  E’ in condizioni precarie. Ha perso molto peso, ha problemi respiratori e cardiaci certificati dal medico del carcere e si trova in una cella con altri 40 detenuti, in un penitenziario in cui sono recluse 15mila persone, dieci volte di più del numero consentito. La moglie, Assunta Giorgili, per riportare all’attenzione la vicenda, il 21 di dicembre 2024 si è incatenata davanti a palazzo Chigi chiedendo l’intervento del Governo e del ministero degli Affari Esteri Antonio Tajani. Ma a quanto pare l’attenzione non solo  dei media era da un’altra parte.

Ogni vita conta. Quella di Cecilia, che per fortuna è tornata a casa, ma anche quella di Maurizio. Sono molti i cittadini italiani detenuti all’estero. 2182 per l’esattezza. (Fonte: DGIT – Direzione Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie – Annuario statistico del MAECI 2024).  Molti sono detenuti giustamente perchè hanno commesso reati, soprattutto in paesi europei. Poi c’è un’altra categoria di detenuti, in paesi dove spesso i diritti sono un’opzione trascurabile. Si tratta di giornalisti, cooperanti, attivisti, ricercatori o semplici imprenditori che svolgono il loro lavoro. Lo fanno in paesi dove in molti casi ci sono dittature, conflitti, tensioni di carattere politico e sociale. A volte sono detenuti in uno stato di fermo informale, senza nessuna accusa particolare. Tutti questi nostri connazionali sono prigionieri del silenzio. Prigionieri del silenzio delle istituzioni italiane, ma anche prigionieri del silenzio dei media che probabilmente fanno distinzione fra storie di serie a e le storie di serie b. Spesso sono storie di solitudine e ingiustizia.

Gli uffici della direzione per gli italiani all’estero del Ministero sono impegnati anche in mille altre operazioni delicate di carattere internazionale: sottrazione di minori, cooperazione giudiziaria internazionale, assistenza e rimpatri sanitari, ricerca delle persone scomparse. Ma pone quantomeno qualche interrogativo il fatto che esistano un inviato speciale per gli stati insulari di piccole dimensioni del Pacifico ed un coordinatore per la partecipazione dell’Italia ai programmi multilaterali riguardanti l’Antartide, uno per la cooperazione internazionale per lo Spazio, un altro per i paesi dei Caraibi, ma non per gli italiani detenuti all’estero.


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