L’anarchia dei Mipymes a Cuba: pietra sopra il socialismo reale

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(La Habana, Cuba) – Nel settembre del 2021, il governo cubano – reduce dalla disastrosa pandemia – decise di aprire ulteriormente le porte all’imprenditoria privata, inaugurando un registro delle attività in proprio, sotto la sigla MiPyME

(Micro, pequeñas y medianas empresas). Una decisione epocale, nel solco di quella presa nel 1993, quando Castro autorizzò l’impresa individuale, i cosiddetti “cuentapropistas”.

Da allora, la schiera dei neo-imprenditori, partiti con attività familiari tipo piccoli bed&breakfast e ristoranti, è cresciuta in maniera esponenziale, mirando al settore alimentare import, sostituendo in pratica con MiPyme lo Stato nel commercio al dettaglio, che oggi è confinato in poche strutture dove si può pagare solo con carta di debito in MLC – Moneda libremente convertible – una sorta di valuta virtuale dal cambio alla pari con dollaro ed euro.

Dalle 35 microimprese pioniere di due anni fa, oggi Cuba registra quasi 9.000 attività in proprio (di cui oltre 1⁄3 all’Avana) che fanno il bello e cattivo tempo, in assenza di un calmiere governativo. Cosicché i prezzi in moneta locale vanno alle stelle.

Controrivoluzione economica

I prezzi variano da un quartiere all’altro: per esempio al Vedado, il barrio habanero più ricercato per la presenza di hotel e residenti del ceto alto, la merce in genere costa di più, ma non è una regola fissa. Capita pure che il prezzo di una confezione importata di 4 yogurt della stessa marca costi il doppio del negozio accanto, e ciò vale per gli altri prodotti.

Il cubano che ha plata (soldi) in tasca non sta a guardare dove compra, o quanto spende. Per lui conta solo tomar (bere) e singar (far sesso)” così mi confida Yuri, uno dei MiPyme del quartiere Linea, quello dello yogurt più caro. Da lui la spesa media è 7000 pesos (28 $) cioè lo stipendio di un medico o di un maestro, categorie che non gli interessano. I suoi clienti sono famiglie che ricevono supporto da Miami, membri del partito, residenti stranieri, diplomatici o altri MiPymes. Quelli con plata appunto.

Le tariffe sono implacabili: un kg di latte in polvere 8 $, 3,5 un Lt di olio di girasole, 7-8 due kg di pollo, 5 un pacchetto di fagioli crudi, 2 una conserva di pomodoro. D’altra parte, con un cambio dollaro-peso che in meno di anno è passato da 1:115 a 1:260, la selezione è inevitabile: due cubani su dieci oggi possono permettersi la bella vita, gestori e clienti che siano, e gli altri si arrangiano, arrancando tra una libreta sempre più a rischio e la ricerca affannosa di generi primari a un prezzo accessibile.

Riguardo alle imposte da pagare, sono stabilite secondo il reddito personale dei proprietari: sotto 40.000 pesos mensili, ($160) vige l’esenzione totale. Da 40.000 a 75000 ($300) si paga il 3% Da 75.000 a 150.000 ($ 600) il 5%. Sono cifre irrisorie, per chi ha un giro d’affari giornaliero decente. Nei negozi in cui ho messo piede, nessuno mi ha rilasciato scontrino, per cui il calcolo dei contributi dovuti allo Stato è a totale discrezione dei titolari.

Carissimo uovo

Le uova sono al centro dello scandalo, alimento base che sopperiva alla mancanza di proteine, data la cronica difficoltà nel reperire carne bovina. “Abbiamo costi di produzione enormi: un sacco di pienso (mangime) a base di mais secco 1500 Cup (6$) e lo paghiamo in USD. Per cui la scarsità di materia prima oltre ai soliti problemi con il carburante, hanno causato un crollo della produzione al Sud”. Così ha replicato il direttore dell’azienda avicola provinciale ai dati forniti dalla stampa: a Guantanamo 9 milioni di uova in meno nel 2021 e quasi 17 l’anno scorso. Contattiamo la Empresa Avícola Artemisa: Alberto, il rappresentante, dice che i MiPymes pagano il cartone da 30 pezzi 9 USD (2250 Cup) il guscio bianco e 10 (2500) quello marrone. Il governo paga il mangime importato in dollari, per cui le uova sono vendute nella stessa valuta. Nella provincia di Artemisa a un’ora dall’Avana, parliamo con un’altra avicola statale, Aviart, proprio alle porte di San Antonio de Los Baños, cittadina rurale che l’11 luglio 2021 finì sui media internazionali con Palma Soriano nel Sud per le rivolte contro il regime.

Il direttore – premettendo che non vende ai privati poiché le loro uova sono per la libreta della gente – ci racconta un’altra storia:”Il prezzo statale del cartone per i negozi è più basso, 1800-2000 Cup al massimo: costoro poi vendono le uova al dettaglio molto più care.” Dall’Avana fino a Santiago il prezzo esposto nelle tiendas è mediamente 3.000 Cup, 12 USD. Ancora peggio quando il rivenditore compra dai produttori di campagna: Randy, che ha una piccola fattoria a Caimito, vende 30 uova – sia alle aziende statali che ai MiPymes – a 1200 Cup (5 $) per cui il ricarico di quest’ultimi può arrivare al 150%. E le sue scorte finiscono subito, saccheggiate dai negozianti.

Gli aumenti dipendono anche dal cambio USD-CUP che peggiora di continuo. L’incetta di uova da parte dei MiPymes ha causato un taglio alla libreta: nel 2023 la quota mensile per quelli che non possono permettersi il cartone a 12 $ è scesa a 7 unità, secondo Aviart.

Le fattorie governative stanno cercando di allevare una specie nuova di gallina che si adatti ad essere nutrita sostituendo il mangime tradizionale a base di mais con dei composti locali, bypassando così i costi dell’import. Un esperimento che ha già prodotto 24 milioni di uova, di cui il 35% è andato però ai negozi statali che riscuotono in dollari per pagare il mais importato.

Per cui è un circolo vizioso che non alleggerisce i prezzi al dettaglio.

http://www.cubadebate.cu/especiales/2023/10/09/cinco-al-mes-no-son-suficientes-que-esta-pasando-con-la-produccion-de-huevos-en-cuba/

Lo Stato perde i pezzi e la faccia

L’aumento del carburante a Cuba che doveva scattare giovedì 1o febbraio, è stato rinviato a data imprecisata, per via di un virus informatico che ha bloccato il nuovo sistema di pagamento in valuta estera con la carta di debito MLC.

Il nuovo prezzo sarebbe stato di 1.10 $ al Lt. per la benzina 87 e 1.30 per la 94, da 0.12 $ che è attualmente (30 pesos al Lt.). Un ricarico di circa il 500% delle tariffe vigenti.

In seguito a questo contrordine che ha provocato subbuglio nella popolazione, minando ulteriormente la credibilità del governo, il presidente Diaz Canel ha rimosso dall’incarico il ministro dell’Economia Alejandro Gil, a cui hanno fatto seguito il siluramento dei ministri dell’Industria Alimentare e della Scienza e Tecnologia. Al momento, anche gli aumenti del trasporto pubblico e dell’energia sono stati bloccati.

Secondo rumors che girano tra la gente, il governo avrebbe utilizzato il licenziamento dei suoi ministri come capro espiatorio per fare marcia indietro da una misura economica largamente impopolare. Sta di fatto che la benzina e le bollette cubane sono al più basso costo del Pianeta, ma il petrolio locale troppo pesante non può essere impiegato per l’autotrazione e non basta nemmeno per il fabbisogno elettrico, per cui il governo è costretto a comprare la materia prima all’estero.

Dopo aver fatto harakiri sulle sue fonti di reddito, tollerando che i cuentapropistas prendessero il controllo di oltre metà dei servizi turistici – bed&breakfast e ristorazione – e i MiPymes del commercio, i soldi per il welfare sono agli sgoccioli, la libreta è stata dimezzata e le tariffe energetiche sussidiate dallo Stato saranno presto un ricordo del passato.

Oltretutto a causa dei debiti contratti all’estero, prestigiosi alberghi come il Melia Cohiba e le compagnie di noleggio auto sono passati di proprietà, Spagna in testa. Cuba deve però continuare a pagare gli stipendi, che rimangono quelli miserrimi di sempre.

Ma l’aspetto forse peggiore di questa storia cubana, è che diversi membri di alto rango del partito unico sono titolari di MiPymes, tra cui la cafeteria all’Havana nel barrio Vedado, all’angolo della 3ra, che sarebbe – secondo il personale – proprietà della figlia di Mariela Castro.

L’attività comprende il bar che serve cappuccino italiano e croissant alla Nutella, un laboratorio che produce pasta e pane, e un alimentari accanto con prodotti di prima qualità. Ovviamente solo per stranieri e un’élite di privilegiati. Il popolo, ancora una volta, può attendere.

© Flavio Bacchetta, foto e testi. Approfondimento di un articolo pubblicato da il Fatto Quotidiano online


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