Passione e morte andaluse con una poliedrica Lina Sastri in scena

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In uno scenario notturno asciutto ed evocatico di atmosfere mediterranee si allinea un semicerchio di sedie dove siedono i personaggi. Sullo sfondo un grande portone sormontato da un rosone, contornato da muri sbrecciati, come una facciata di chiesa diruta, a sottolineare la sacralità del rito teatrale che si sta celebrando. Al centro, in proscenio, prona, il viso implacabile rivolto al pubblico, una donna racconta un terribile fatto di sangue. È Lina Sastri, qui nelle vesti di narratrice. Tutto è compiuto. Ha inizio dalla fine questa suggestiva edizione firmata Lluìs Pasqual di “Nozze di sangue” che García Lorca trasse da un truce fatto di cronaca andalusa degli anni trenta che aveva colpito la sua sensibilità artistica, ispirato da una vicenda dove l’eros si trasformò in thanatos, generando il duello mortale in cui si accoltellarono due uomini per causa di una donna, che ne aveva sposato uno per poi fuggire a cavallo (simbolo di passione ferina) con l’altro, subito dopo le nozze. La cronaca nera nell’opera teatrale di Lorca, intessuta di preziosi ricami metaforici, diviene catartica tragedia arcaica. La passione amorosa esplode furiosa e incontenibile, devastando e scardinando le tradizionali certezze di un mondo arcaico e maschilista, dolorosamente subìto dalle due figure conflittuali della Madre obbediente e della Sposa ribelle.

Le due figure sono entrambe interpretate con appassionata generosità da Lina Sastri, in un monologo bifronte dominante, incuneato in una densa rappresentazione corale. La sinergia della parola poetica duella col canto e la danza, sulla scia impetuosa del Duende, secondo la chiave interpretativa del regista che infonde un ritmo musicale soggiogante e una rotazione dinamica dei personaggi a una vicenda scarna e incisiva, come un coltello infitto nella carne che “cerca l’oscura radice del grido”. Antonio Gades in una storica trasposizione cinematografica del 1981, Bodas de sangre, firmata Carlos Saura, ne danzò superbamente il fascino tetro, in toto a passo di flamenco. Qui la danza si mescola alla musica di languide chitarre e al grido di dolore di chi è rimasta sola, sublimando in una rappresentazione ieratica il duello mortale avvenuto fuori scena, narrato, come nella tradizione del dramma antico. La ferita è nostra, appartiene al genere umano e noi la sentiamo bruciare come fiamma inesauribile nel destino delle donne martoriate dalla violenza maschile, dalla barbarie di un mondo in declino, ma ancora appesantito da tanto fardello. Colori cupi, luci basse, scialle scuro, a suggerire l’oscurità del dolore e dell’odio feroce di Madre orbata del figlio, vengono illuminati a tratti da bianchi fiori nuziali e chiome al vento della Sposa in preda a delirio amoroso, in un alternarsi sapiente di toni accesi e morbide dolcezze, che la grazia ferina della Sastri scompone e ricompone incessantemente in un turbinio di figurazioni a cui si affiancano i componenti del ricco cast, eco prezioso delle due protagoniste, dove l’elemento maschile e quello femminile si fronteggiano, generando amore e dolore, dando corpo e sostanza con gesti ammiccanti a un folklore che sfiora a tratti il tessuto ibrido dello spettacolo.

Alla febbrile scansione dell’opera Pasqual ha imposto un piglio nuovo che in alcuni punti risente della voluta complessità di una rappresentazione che vuole ammaliare, e ci riesce, tra note di flamenco e virtuosismi recitativi della Sastri, ma anche disorientare, per quella legittima esigenza artistica di rinnovamento, che chiede anche il suo prezzo. La pregevole trasposizione celebra degnamente la ribellione a un mondo arcaico, segnato da leggi inesorabili come l’onore che si riscatta solo col sangue, rendendo omaggio al suo cantore e alla sua scandalosa verità, inguainata in una seconda pelle da un regista che conosce e ama Lorca e osa riproporlo in questa forma circolare mista, dove l’anima andalusa si specchia visceralmente in note e movenze illuminate dalla divina parola del poeta, che credeva fermamente nella forza rivoluzionaria del teatro.

 

 

NOZZE DI SANGUE
adattamento e regia Lluís Pasqual
con Lina Sastri, Giacinto Palmarini, Giovanni Arezzo, Alessandra Costanzo, Ludovico Caldarera, Roberta Amato, Floriana Patti, Gaia Lo Vecchio, Alessandro Pizzuto, Sonny Rizzo, Elvio La Pira
Riccardo Rubì (chitarra), Carmine Nobile (chitarra), Gabriele Gagliarini (percussioni)
coreografia Nuria Castejon
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Franca Squarciapino
light designer Pascal Merat
maestro di canto Salvo Disca
aiuto regia Lucia Rocco
assistente alle scene Francesca Tunno
assistente ai costumi Anna Verde
si ringraziano per la collaborazione Giovanni Soresi e Gianni Garrera.

Al Teatro Verga di Catania fino a Domenica 28 Gennaio

Passione e morte andaluse con una poliedrica Lina Sastri in scena


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