Ilaria Salis è una battaglia di tutte e tutti noi. Intervista al padre Roberto

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Come abbiamo detto in mille occasioni, la tragedia di Ilaria Salis ci riguarda. Ci riguarda come cittadinanza, ci riguarda come categoria, ci riguarda perché la difesa dei diritti umani è una delle nostre ragioni di esistere e ci riguarda, infine, perché se vogliamo credere ancora nel progetto europeo, non possiamo rassegnarci all’idea che il Vecchio Continente anneghi nell’indifferenza. Finalmente l’informazione sta cominciando ad alzare il sipario sulla vicenda di questa maestra elementare, arrestata a Budapest per una presunta aggressione ai danni di due militanti neo-nazisti e rinchiusa da quasi un anno in un una cella degna di quella nella quale venne confinato, a suo tempo, Alekos Panagulis. Ribadiamo: se deve essere giudicata, ciò deve avvenire in Italia. L’Ungheria di Orbán, infatti, non ha i requisiti né morali né giuridici per occuparsi di un caso del genere. Un Paese in cui per un’inezia si rischiano fino a ventiquattro anni di carcere, in cui l’opposizione è sostanzialmente messa a tacere e la dignità umana è posta, di fatto, a repentaglio non può decidere se una nostra connazionale sia innocente o colpevole.

Continueremo, pertanto, a batterci, a fare rumore, a scrivere, a vigilare, a lanciare e rilanciare appelli e a compiere tutte le azioni giornalistiche, giuridiche e diplomatiche necessarie affinché Ilaria sia riportata in Italia e, eventualmente, giudicata da un nostro tribunale. Mai come ora, chi si volta dall’altra parte è complice della barbarie.
Ne abbiamo discusso in un’intervista con suo padre, Roberto Salis.

https://www.youtube.com/live/sNWDhJxV_ok?si=irsYiEqbsPf4uZ8r


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