Ad Assisi il prossimo 23 febbraio per un vocabolario diverso sui conflitti

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“Basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze ed accuse reciproche di chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l’ora della costruzione. Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace”.

Parole semplici e dirette che non lasciano spazio ad arzigogolate dietrologie o esegesi di maniera queste pronunciate da papa Francesco a Juba, capitale del Sud Sudan, lo scorso 3 febbraio. Parole necessarie a fermare una guerra che a fasi alterne dura dal 1956 e che assume caratteri di particolare crudeltà dal 2011 quando è nato ufficialmente il paese dopo un lungo conflitto per la secessione dal nord islamico. Perché da 12 anni la nazione più giovane del mondo è squassata da un conflitto interetnico dove si fronteggiano il presidente ed il suo ex vicepresidente che hanno riacceso vecchi rancori tra le popolazioni per giustificare la lotta per il controllo delle risorse economiche.

Due giorni prima il pontefice è riuscito a trattenere a stento la commozione di fronte ai racconti degli scampati ai massacri nel Kivu, ricchissima regione mineraria nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Li ha invitati a “disarmare i cuori che non vuol dire smettere di indignarsi di fronte al male e non denunciarlo. Questo è doveroso! Nemmeno significa impunità e condono delle atrocità. Quello che ci è chiesto, nel nome del Dio della pace, è smilitarizzare il cuore: togliere il veleno, rigettare l’astio, disinnescare l’avidità, cancellare il risentimento”.

Ed infine l’invito: “mai più violenza, rancore e rassegnazione”.

Parole d’ordine per tutti coloro che credono nella pace, nella fine della violenza e nello stesso tempo sono consapevoli che i delitti non possono restare impuniti, che non ci può essere giustizia senza verità. E’ un invito rivolto non solo ai credenti di tutte le religioni ma anche agli uomini ed alle donne di buona volontà, a chi vuole diventare costruttore di pace, al di là degli steccati religiosi ed ideologici, culturali ed etnici.

E’ lo stesso vocabolario di san Francesco. Proviamo come giornalisti a ragionare su questi temi nell’incontro di Assisi del prossimo 23 febbraio. Non riusciremo sicuramente a fermare i conflitti ma almeno potremmo raccontarne gli orrori con più cuore, dopo averci messo cervello e gambe.


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