Le elezioni con la guerra in Europa

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Strane elezioni. L’Italia per la prima volta va a votare con una guerra in Europa. Non solo. Per la prima volta la campagna elettorale si è svolta in estate, persino nelle torride spiagge delle vacanze. Per la prima volta le elezioni politiche anticipate si tengono ad appena pochi mesi di distanza dalla scadenza naturale della legislatura all’inizio del 2023. Ci sono tante prime volte con le quali fare i conti.

I cittadini guardano alle elezioni del 25 settembre con apprensione e disincanto. Dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, serpeggia la paura di una guerra atomica. C’è la paura per il tumultuoso aumento delle bollette del prezzo del gas e della corrente elettrica, dopo gli stratosferici rincari causati da Vladimir Putin. Le fabbriche rischiano di chiudere per la salita del prezzo del petrolio e soprattutto del metano (particolarmente in crisi sono il settore siderurgico, della carta, della ceramica ad alto consumo di energia elettrica). I cittadini rischiano di non poter pagare le bollette sempre più salate.

L’angoscia convive con la disillusione: circa il 40% degli elettori potrebbe disertare le urne, secondo i sondaggi. L’astensionismo potrebbe salire addirittura al 60% tra alcune categorie di cittadini sempre più critici verso la politica: i precari, i disoccupati, i poveri, i giovani, già fortemente stremati da oltre due anni di Covid. I ceti più disagiati della società non si fidano più dei partiti screditati. C’è un dato singolare: non si fidano quasi tutti i giovani sia a basso sia ad alto reddito.

Il 25 settembre vedremo quanto la paura e la disillusione pesano sulle elezioni con una guerra in Europa. La politica è credibile quando riesce a risolvere i problemi. Quando i problemi restano irrisolti o vengono accantonati, trionfano i movimenti populisti promettendo miracoli poi svaniti dopo la chiusura delle urne.

Il fenomeno è di casa non solo in Italia, ma in tutto il mondo occidentale, causando forti danni alle democrazie. I problemi italiani certo sono più gravi: da decenni si succedono solo proclami senza efficaci riforme. Progetti e iniziative sono paralizzati da terribili disuguaglianze, troppe tasse sui lavoratori e i pensionati, burocrazia soffocante (ora anche in chiave digitale). Mario Draghi, il tecnico chiamato all’inizio del 2021 a guidare un governo di unità nazionale per affrontare le emergenze italiane, si è impegnato. Qualche risultato l’ha ottenuto. Non a caso il presidente del Consiglio dimissionario è tra i personaggi più apprezzati nei sondaggi. A fine luglio è stato azzoppato, il suo governo è caduto per mano di tre partiti della sua stessa maggioranza: Movimento 5 Stelle di Conte, Lega di Salvini, Forza Italia di Berlusconi non hanno votato la fiducia al Senato su un decreto.

La crisi dell’esecutivo ha aperto la porta al voto mentre c’è una guerra in Europa. La partita elettorale ha quattro protagonisti. Centro-destra (dato per favorito nei sondaggi), centro-sinistra, cinquestelle e terzo polo hanno tante idee diverse sulla guerra Russia-Ucraina, su come rispondere alla crisi energetica, su come realizzare uno sviluppo sostenibile. Forse in questa fase storica ha ragione Jean-Jacques Rousseau: «Ci vorrebbero degli dèi per dare leggi agli uomini».


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