Viktor Orbán e la dignità calpestata delle donne 

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Viktor Orbán ha passato il segno. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, ma guai a commettere l’errore di sottovalutare la gravità di certe dichiarazioni. Quando un presidente del Consiglio si permette di mettere in dubbio l’importanza della cultura e dell’istruzione, arrivando addirittura a sostenere che troppe donne laureate possano costituire un problema per la società, e per la natalità in particolare, siamo al cospetto di una regressione complessiva che non può lasciarci indifferenti. È un pericolo per la collettività, dunque anche per noi. Ed è un morbo che dev’essere combattuto, prima che il virus infetti anche altri paesi, peraltro piuttosto inclini a scivolare verso la regressione politica, sociale e, ovviamente, etica.
L’emancipazione femminile, infatti, non si basa solo sulla partecipazione attiva alla vita politica, che pure è indispensabile, ma più che mai sul sapere e sulla conoscenza, figlie della scuola pubblica e dei progressi raggiunti nel settore essenziale dell’istruzione. Non a caso, se c’è un paese in cui le donne sono state private della possibilità di studiare, prim’ancora di essere seppellite sotto il burqa, quel paese è l’Afghanistan dei talebani: un esempio di ciò che rischia di diventare l’Europa qualora dovessero prevalere le idee di Orbán e dei suoi epigoni sparsi per il continente. Perché, ribadiamo, è inutile minimizzare; anzi, è dannoso. Questo signore costituisce una minaccia per la nostra civiltà, per il concetto stesso di Occidente, per le conquiste sociali e civili compiute dal dopoguerra in poi e anche per la tenuta democratica di un universo che si sta sfaldando sotto i colpi di un arretramento senza precedenti.
Il fascismo, del resto, per avanzare non ha bisogno di marce su Roma o roghi del Parlamento: nasce e fiorisce nel momento in cui personaggi del genere non vengono adeguatamente contrastati, nell’indifferenza delle masse al cospetto della barbarie, quando si finisce con l’accettare ciò che accettabile non è. E sostenere che le donne debbano trasformarsi in angeli del focolare, nel 2022, è molto più che inaccettabile: è indegno, al pari di una Nazione che da tempo non ha più i requisiti necessari per far parte di una comunità che si dovrebbe fondare su valori ben precisi. Purtroppo non è così. Da qui, la nostra sconfitta, il vuoto che ci inghiotte e la rabbia dilagante che rischia di mettere a repentaglio tutto ciò che abbiamo faticosamente costruito per oltre settant’anni. Tacere, mai come in questo momento, è un atto di complicità.

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