Eppur si muove, anche l’Agcom

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L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni fa il suo record. La delibera n.224 dello scorso 23 giugno (relatrice la commissaria Elisa Giomi) condanna la società di secondary ticketing Viagogo AG a pagare una multa di 23 milioni e 580.000 euro. Si tratta della cifra più alta per una sanzione comminata dalle varie istituzioni competenti.

Il cosiddetto secondary ticketing è il mercato parallelo dei biglietti di eventi e spettacoli, venduti attraverso Internet, con la complice disponibilità di siti specializzati come l’elvetica Viagogo AG, sulla quale pesa una precisa verifica compiuta dalla medesima Agcom insieme alla guardia di finanza. L’inchiesta nacque dalla segnalazione del 4 ottobre 2021 di un utente indispettito dal sovrapprezzo imposto dall’agenzia presente sul sito nella prenotazione di un concerto di Sting, tenutosi a Taormina il 27 settembre di quell’anno.

Le violazioni accertate della correttezza dei rapporti di mercato sono state ben 131 e la maggiorazione dei prezzi arrivava fino a sei/sette volte rispetto ai valori nominali. Parliamo, tra gli altri, dei concerti di Vasco Rossi, dei Maneskin, di Massimo Ranieri, di Ludovico Einaudi o di Paolo Conte. La lista è lunga. E il danno per le persone interessate è notevolissimo.

Intanto, c’è la violazione della normativa di riferimento (art.1, comma 545 della legge n.232 del 2016) che vieta la vendita dei titoli di accesso alle attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari. Insomma, un bel precedente, che potrebbe mettere in mora numerose attività omologhe a quella in causa, essendo piuttosto diffusa simile pratica.

Neppure vale la linea difensiva adottata dalla società: l’ipotetico ruolo di mero hosting provider passivo, puro vettore di attività terze. Non è così, in quanto Viagogo AG avrebbe svolto funzioni attive di promozione e di indicizzazione delle ricerche dei potenziali utenti nel trovare le opportunità offerte. Al riguardo, del resto, vi è la sentenza n.7708 del 2019 della corte di cassazione, che classifica simile azione come un illecito concorso nelle violazioni.

La società aveva fatto in materia un ricorso avverso all’Agcom, respinto, al tribunale regionale del Lazio. La rubrica se ne occupò nella puntata del 7 aprile 2021. E il consiglio di stato ha, poi, rimesso l’argomento alla corte di giustizia europea. Vedremo.

Ma ora c’è un’ulteriore novità. Il Digital Services Act prposto dalla commissione europea chiarisce che il trasportatore non è sempre un ignaro postino, bensì spesso un soggetto attivo nella catalogazione e nella presentazione del flusso ospitato. Siamo, quindi, al cospetto di una delibera che segna un precedente importante. Si rompe il velo di ambiguità, che ha spesso connotato la relazione tra i grandi aggregatori Over The Top (da Google a Facebook) e i contenuti veicolati. Pensiamo alle conseguenze che una simile rigorosa interpretazione comporta su fenomeni odiosi come la divulgazione delle fake news o delle espressioni d’odio e razziste.

L’epoca degli esordi dell’età digitale, quando si immaginava che ci si potesse affidare alla logica delle bacheche elettroniche, assunte nella loro neutralità, è tramontata. Gli oligarchi della rete hanno cambiato approcci e culture.

Torniamo alla decisione. Naturalmente, non è in discussione la semplice azione di contatto e intermediazione con esplicito mandato, bensì il secondo mercato che si viene artificialmente a creare. L’home page dovrebbe presentarsi come luogo di annunci e di informazione, non come molla di attrazione e di negoziato. Per di più, con un sovrapprezzo assai sgradevole.

Oltre all’entità della multa, in verità neppure clamorosa per un gruppo che viaggia attorno ai dieci miliardi di euro di fatturato, è da sottolineare l’aspetto forse di maggiore importanza: l’ordine di rimuovere dal sito  l’oggetto incriminato entro e non oltre sette giorni.

Finalmente, dunque, l’autorità scopre di essere dotata dei poteri conferiti dalla legge, che forse aveva dimenticato di avere. Viene il magone a pensare a cosa sarebbe successo nell’inferno del sistema se il risveglio fosse avvenuto prima.

 

(Il Manifesto 29 giugno 2022)

 

 


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