Vera e Mimmo, dialogo sulla libertà di stampa una sera di aprile in Campania

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Vera non vorrebbe staccare più il collegamento con l’ufficio del comandante della polizia locale di Arzano. Doveva durare pochi minuti, giusto un saluto alla delegazione del Consorzio Media Freedom Rapid Response. E invece Vera resta. Per oltre un’ora ascolta: voci dall’Italia profonda, di giornalisti che ogni giorno raccontano una terra bellissima e martoriata dalla presenza della camorra. In quella piccola stanza che è stata probabilmente una classe c’è un concentrato di onesti lavoratori finiti, proprio per questo, sotto scorta. Vera Jourova è lontana mille miglia. Dal suo uffici di Bruxelles è catturata, emozionata, a tratti appare incredula. “Cosa posso fare per voi?”, chiede. “Molte cose vicepresidente. E’ già tanto importante che sia qui”, dice Mimmo Rubio, consumato cronista di giudiziaria che ha inanellato decine di scoop, uno dietro l’altro, ad Arzano, una cittadina dell’enorme cintura attorno a Napoli dove i clan della camorra si fanno sentire, sparano, minacciano, piazzano bombe. Lo scorso anno sotto il balcone di Rubio è passata la “stesa”, una sfida, un avvertimento. Ed è così che un altro giornalista è finito sotto scorta in Campania, la Regione che ne conta di più in assoluto. Mimmo riferisce a Vera che da quando è sotto tutela tutto attorno a lui è cambiato, stop a cene con gli amici, palestra, corse in bici. Non può più incontrare le sue fonti. “Hanno paura pure loro”, dice. “Questa non è più una vita normale. E pensare che c’è chi crede e dice che la scorta sia un privilegio. No, non è così”. Gli fa eco Marilena Natale: “Scrivo da quando avevo 16 anni. Scrivo di Aversa, di Casal di Principe, le città del clan dei casalesi. Scrivo dei bambini che si ammalano di tumore perché respirano i veleni della terra dei fuochi, dove la camorra ha interrato rifiuti tossici. I giornalisti d’inchiesta la camorra non li può sopportare. Lo Stato ci deve aiutare, la scorta è importante ma non risolve. Bisogna accendere i riflettori su ciò che accade qui, riflettori dell’Europa”. E’ per quello che MFRR è scesa fin quaggiù, ha fatto visita alla sala del Pan che ospita la macchina su cui viaggiava Giancarlo Siani quando è stato ucciso su ordine della camorra, e poi si è inoltrata nel ventre oscuro della periferia di Napoli per capire, vedere in diretta con gli occhi degli osservatori, ascoltare i racconti, guardare in faccia chi sfida ogni santo giorno i clan locali. “La prossima volta che verrò in Italia, spero molto presto, non mi fermerò a Firenze e Roma, voglio venire lì dove siete voi perché ciò che ci state raccontando non risponde a ciò che sappiamo”. Ecco il tasto dolente: la storia delle decine di giornalisti italiani minacciati sui territori di frontiera, dove si combatte un corpo a corpo con la criminalità organizzata, non è conosciuta a Bruxelles. Non abbiamo saputo narrarlo nemmeno a loro. Non abbiamo ancora descritto per bene Arzano, Aversa, Casal di Principe, Casandrino, Frattamaggiore, Casoria, Castevolturno, un pianeta dannato dove lo strapotere, anche economico, di diversi clan non vuole “fastidiosi” resoconti giornalistici, non vuole ficcanaso. In due settimane nel circodanario è stata decisa la scorta per un prete-giornalista (collaboratore del giornale cattolico L’Avvenire), don Maurizio Patriciello, e per il comandante dei vigili urbani di Arzano, Biagio Chiriello. Anche Chiariello parla con Vera e le riferisce che lui è sempre stato favorevole all’informazione che passa dalle istituzioni, come quella che rappresenta ai giornalisti “perché i cittadini debbono sapere”. Sapere, per esempio, che lui stava bonificando un serie di residenze in alloggi occupati abusivamente quando ha trovato un’epigrafe funebre davanti ai cancelli con tanto di data di morte. La missione in Campania di MFRR tutti vorrebbero che non finisse mai perché c’è tanto da dire, raccontare, confrontare. Dopo più di un’ora di ascolto la vicepresidente della Commissione europea deve lasciare il collegamento ma vuole comunicare cosa si sta facendo per la libertà di stampa, incarica la sua assistente perché da questa parte del pc si sappia che entro l’estate sarà varata una nuova legge europea per la libertà di stampa. E, in fondo, la Campania è un pezzo d’Europa. I delegati anche dopo la fine dell’incontro on line continuano a fare domande per capire come ci si sente a stare sempre affiancati da due poliziotti, notte e giorno. Vogliono sapere chi paga gli avvocati dei boss che presentano querele temerarie contro i giornalisti e se i boss finanziano dei siti per veicolare informazioni a loro favorevoli, fuorvianti. Sì, anche questo accade qui. Lo ricorda Luciana Esposito, voce lucida e instancabile del quartiere di Ponticelli. Quando la delegazione lascia la sede dei vigili urbani è il momento delle strette di mano, occhi che si incrociano, fiducia, richieste di aiuto. “Tornate, vi aspettiamo”. Se provi a chiedere: “Avete paura?”, ti rispondono di no, “perché le cose prima o poi debbono cambiare”. E’ la stessa, identica, frase pronunciata poco prima da Mimmo Rubio nel corso del collegamento con la  Jourova: “Non ho paura, sono un cittadino onesto che ama la sua terra; noi tutti qui siamo cittadini di Arzano, cittadini d’Europa, cittadini del mondo. Non siamo super eroi ma onesti lavoratori, sotto scorta perché facciamo il nostro lavoro”.

Ad Arzano sta facendo buio quando il pullman lascia il comando della polizia locale. Il 4 aprile 2022 è stato un giorno speciale vissuto in un piccolo angolo di Europa dove si combatte una “guerra” a bassa intensità, violenta, spietata, a molti sconosciuta per affermare il diritto dei cittadini ad essere informati.
(Nella foto il collegamento presso la sede della polizia municipale di Arzano)


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