Draghi in cerca di fortuna

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Tutti cercano un po’ di fortuna. Non a caso tutti i capi di governo e di Stato del G20, su invito di Mario Draghi, sono andati alla Fontana di Trevi. Secondo la leggenda chi getta una moneta nella fontana più famosa del mondo avrà fortuna, in testa quella di tornare a Roma. C’è chi getta la monetina nell’acqua direttamente e chi, invece, lo fa girato di spalle e a occhi chiusi. Sarà vero o no, ma milioni di turisti ogni anno vanno alla Fontana di Trevi a Roma (salvo la parentesi della pandemia) per invocare la buona sorte.

I capi di governo e di Stato devono tenere molto ad avere un po’ di fortuna in più così hanno accettato l’invito di Draghi, presidente del G20, e sono andati a lanciare una monetina nella Fontana di Trevi. Anche il presidente del Consiglio ha lanciato una monetina nell’acqua, anche lui avrebbe bisogno di un po’ di fortuna in più.

Al vertice del G20 sono mancati due nomi importanti: Xi Jinping e Vladimir Putin (si sono limitati a inviare i loro ministri). L’assenza del presidente cinese e di quello russo ha pesato negativamente sui risultati del G20, convocato per discutere sullo sviluppo sostenibile e sulla lotta al cambiamento climatico. Ha pesato negativamente anche alla successiva riunione Onu, strettamente legata, della Cop26 a Glasgow per combattere l’inquinamento del pianeta.

I risultati sono stati scarsi anche se c’è una speranza. A sorpresa i delegati di Usa e Cina hanno siglato un accordo bilaterale: le due superpotenze si sono impegnate a collaborare alla Cop26 per «un risultato ambizioso, equilibrato e inclusivo”. Non è un fatto clamoroso ma smorza la nuova “guerra fredda” tra Washington e Pechino.

Draghi è prudente. Il presidente del Consiglio alla fine del G20 ha assunto una linea minimalista: nella lotta contro il cambiamento climatico «abbiamo mantenuto in vita un sogno». Greta Thunberg invece ha bocciato tutto. La giovane ambientalista svedese è stata categorica: «La Cop26 è un fallimento».

Di qui la ricerca di un po’ di fortuna. Draghi è un uomo capace: è riuscito a guidare un governo di grande coalizione, composto di ex grandi nemici, per combattere l’emergenza del Covid-19. È riuscito nell’operazione vaccinazione di massa dell’Italia (l’83% degli italiani ha completato le due dosi), è riuscito a ridurre drasticamente morti e contagi. Non solo: è riuscito ad ottenere circa 200 miliardi di euro di fondi europei per la ricostruzione post Coronavirus, è riuscito a realizzare una ripresa economica boom.

Ottimi risultati, ma non tutte le palle sono andate in buca. Il governo ha varato il disegno di legge sulla concorrenza chiesto dalla commissione europea come una delle condizioni per erogare i finanziamenti all’Italia. Draghi, però, ha rinviato il problema della concessione pubbliche ai venditori ambulanti e agli stabilimenti balneari a quando sarà pronta una “mappatura” della situazione. È una brutta scivolata.

Poi ci sono le contestazioni di piazza. In Italia è emersa, come un po’ in tutto il mondo occidentale, una larga protesta popolare contro le vaccinazioni e contro i certificati d’immunità obbligatori per andare a lavorare.

Anche sul fronte della pandemia c’è stato un peggioramento. I nuovi contagi sono saliti a più di 8.000 al giorno. Comunque siamo lontani dagli oltre 35.000 nuovi infetti di un anno fa. Il virus esplode in Europa: ben 50.000 casi al giorno in Germania, 40.000 nel Regno Unito e in Russia. Il Covid corre anche al confine nord orientale dell’Italia: la Slovenia è travolta e i contagi aumentano a Trieste, nel Veneto e in Alto Adige. Il governo è in allarme, teme una quarta ondata.

Anche a Draghi serve un po’ di fortuna in più.


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