Processo alle intenzioni. Vent’anni dopo il G8 di Genova

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Da una lettera del magistrato Elena Dolosio si ha una conferma giuridica (!): “Il proiettile… ha interferito con il lancio di laterizi… di ciò vi è prova nel frammento di piombo rinvenuto nel cranio di Giuliani”. In sostanza la GIP dell’epoca non ha aperto un processo, perché ha creduto che il proiettile, sparato in aria da dentro una jeep, fu deviato da un calcinaccio ed un suo frammento ha ucciso Giuliani. Sia nel metodo, che nel merito, si supera l’incredibile. Chiunque, in Italia, sia a conoscenza degli sviluppi di una Indagine Preliminare (anche indirettamente), sa che sempre i GIP rinviano a giudizio, anche senza prove.

Nel merito, invece, non si capisce perchè un carabiniere dentro una jeep possa pensare di sparare un colpo in aria (che nessuno da fuori avrebbe potuto udire, causa l’enorme frastuono), se non per autolesionismo, per rimbalzo. Inoltre, ammesso che il colpo sparato dentro (ed in aria) fosse uscito fuori, andando incredibilmente verso l’alto, il proiettile avrebbe avuto la probabilità di incrociare un calcinaccio paragonabile a quella di vincere il primo premio della lotteria di capodanno. Soprattutto, se un proiettile finisce contro un fragile calcinaccio, lo distrugge, senza subire deviazioni, certo non quella che fa andare il proiettile in direzione inversa, dietro-front, dall’alto in basso.

La ricostruzione del magistrato ricorda tanto quella della pallottola-flipper dell’omicidio di Kennedy. Su questo assurdo giuridico Dario Fo rese un pezzo magistrale di teatro (da vedere).

Forse il mancato rinvio a giudizio del carabiniere fa il paio con la repressione alla Diaz e a Bolzaneto, in quanto, come per Kennedy, c’erano da coprire i mandanti occulti. Sarebbe stato un processo che avrebbe svelato le intenzioni di chi è riuscito a distruggere il movimento No-global.


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