“N” come Napoleone, conteso in edicola e in libreria vent’anni dopo lo Strega

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Per i duecento anni dalla morte di Napoleone è tornato in libreria e in edicola un libro di vent’anni fa. Non capita spesso, anche se il libro in questione vinse allora il premio Strega. Si tratta di “N.” di cui è autore Ernesto Ferrero, scrittore torinese che merita appieno questo rinnovato successo. Quando uscì, oltre ad aggiudicarsi il riconoscimento che ogni estate viene assegnato nel corso della più mondana serata letteraria di Roma nell’incomparabile cornice del Ninfeo di Villa Giulia, il libro ebbe un lusinghiero successo di vendite. Oggi sta trovando nuovi lettori.

In questi giorni a cavallo del 5 maggio sono due le edizioni tornate a disposizione del lettore che non sa resistere al richiamo delle ricorrenze storiche: il primo a uscire con tempestività è stato Il giornale, che su licenza dell’editore Giulio Einaudi ha pubblicato “N.” con il  sottotitolo “I giorni di Napoleone all’isola d’Elba”, in copertina una grande N senza fronzoli, e all’interno la postfazione di Domenico Scarpa, che vent’anni fa apparve come prefazione al volume di Ernesto Ferrero nella collana “Premi Strega”. (pagine 321 euro 8,50 più il prezzo del quotidiano).

E’ seguito a ruota “N.” sottotitolato “Il grande romanzo su Napoleone” pubblicato sempre su licenza di Einaudi al prezzo di euro 9,90 più il costo del Corriere della sera. Il volume, in copertina una grande N coronata d’alloro, si chiude con un dialogo sulla figura di Bonaparte tra l’autore Ferrero e lo storico Franco Cardini a cura di Antonio Carioti.

Ernesto Ferrero, classe 1938, romanziere, saggista, traduttore, è stato direttore del Salone Internazionale del libro di Torino, ha scritto fra l’altro una gustosa biografia di Barbablù e un toccante ritratto d Primo Levi. Con questo romanzo su Bonaparte nel 2000 vinse i dieci milioni di lire del premio Strega battendo alla seconda votazione dei quattrocento Amici della domenica l’orientalista Fosco Maraini, padre di Dacia, al suo esordio narrativo con “Case, amori, universi”, e Luca Doninelli, entrambi tra i favoriti. Il ritratto che ne fece piacque molto alla coppia Fruttero e Lucentini, allora sulla cresta dell’onda: definirono l’autore “un elegante, eccellente narratore”.

Come il Manzoni sosteneva di aver trovato in un antico manoscritto la “storia milanese del secolo XVII” come pretesto per i “Promessi sposi”, così Ferrero si è inventato un narratore dei trecento giorni trascorsi da Napoleone all’isola d’Elba nella figura di fantasia del bibliotecario di Napoleone Martino Acquabona che racconta minuziosamente giorno per giorno la vita del decaduto imperatore nel suo nuovo, minuscolo regno elbano. Quindi non il Bonaparte delle battaglie, delle sfolgoranti vittorie (Auterlitz) o delle cocenti sconfitte (Waterloo) ma “l’uomo grassoccio e spaventato che quando approda all’isola d’Elba sembra uno dei tanti commercianti sbarcati a Portoferraio per affari”, come lo definisce la prefazione, che tutti i giorni è alle prese con una mini-corte di toscani, piccolo drappelli di armati, lavori di miglioria nell’isola dove gli inglesi lo hanno ristretto lasciandogli però libertà di movimento, covando senza darlo minimamente a vedere la grande fuga che dopo cento giorni lo vedrà definitivamente affossato nella remota Sant’Elena.

L’Elba descritta da Ferrero è all’opposto un piccolo paradiso terrestre la cui accurata descrizione non mancò di attirare l’attenzione di Paolo Virzì, il giovane regista livornese che dal libro trasse liberamente il film-commedia “Io e Napoleone” protagonista il francese Daniel Auteil nei panni del Bonaparte e Monica Bellucci e Elio Germano nei ruoli principali. Il film inaugurò nel 2006 la Festa del cinema di Roma, ma non ebbe molto successo. Più fortuna ha avuto il suo autore diventato negli anni uno dei più apprezzati registi del nuovo cinema italiano. Il film di Virzì, in verità, non aggiunge molto alla sterminata produzione cinematografica ispirata al Bonaparte, mentre il libro di Ferrero tornato in libreria e in edicola vent’anni dopo è  indubbiamente un fortunato e insolito caso letterario degno di nota che rende merito all’ormai ottuagenario autore.


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