Cristina Mariano: “Racconto la mia disabilità per non far tacere gli altri”

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Secondo fonte Istat i cittadini affetti da disabilità totale o parziale nel nostro Paese  sono oltre 3 milioni, la cui metà è ultra  75enne. Il 60% è rappresentato dalle donne. Noi abbiamo incontrato Cristina Mariano una giornalista sportiva 33enne che vive in provincia di Lecce affetta da Nistagmo, una malattia visiva che le ha pregiudicato, sin da quando aveva due anni, l’intera esistenza. Ha deciso di raccontare la sua storia perché  intende “parlare della sua disabilità per non far tacere gli altri”, cioè chi soffre in silenzio e chi, invece, dovrebbe rimboccarsi le maniche per rendere la vita di queste persone e dei loro caregiver più semplici. Cristina ha deciso di raccogliere la sua testimonianza anche in un libro “Uguali ma Diversi” (Giammarino Editore), in uscita venerdì prossimo.

Dunque Cristina qual è la disabilità con cui convivi? Ce ne parli? 

Sin da quando avevo due anni, convivo con un problema agli occhi che si chiama Nistagmo, una patologia che riduce il visus fino a cinque decimi per occhio. Nel mio caso, però,  il Nistagmo sembrerebbe essere la conseguenza di un gene parziale dell’albinismo, che si è aggiunto all’ipermetropia arrivando a togliermi 8 diottrie, all’incirca, per occhio. Quindi io vedo tutto rimpicciolito rispetto a una persona “normale” e, contemporaneamente, non riesco a focalizzazione le immagini, come di norma succede. Quindi il mio cervello continua a dare input agli occhi, che sono in continua vibrazione,  di cercare di mettere a fuoco ma senza successo.

Quando e come te ne sei accorta? Quali rimedi hai dovuto utilizzare?

Se ne accorsero i miei genitori quando avevo circa due anni. Mi portarono sulle giostre e mia madre si rese conto che i miei occhi avevano questo insolito movimento. Da quel momento ha avuto inizio la mia lunga trafila negli studi medici dove abbiamo valutato anche la possibilità di un intervento chirurgico, ma la risposta è sempre stata la stessa: per arginare questa patologia non ci sono rimedi se non l’accettazione della stessa e un palliativo ricorso all’ uso degli occhiali che se da un lato permettono di utilizzare la vista periferica dall’altro, invece, impediscono l’effetto zoom.  Insomma ci si deve arrangiare.

Convivere con questo deficit visivo non è semplice. Tu come ci sei riuscita?

Facendo ricorso alla mia forza di volontà. Anche perché ho capito solo con il trascorrere del tempo con quali problematiche avrei dovuto affrontare di volta in volta come, ad esempio, quelle scolastiche quando non riuscivo a riconoscere i segni delle operazioni matematiche, oppure il camminare senza essere capace di seguire una linea retta. Complicatissimo prendere un autobus o riconoscere la fermata, impossibile andare in bicicletta. Purtroppo non hai molta scelta: ci devi convivere e trarne il meglio, cioè adeguarti. C’è chi ha problemi peggiori, indubbiamente, e a volte penso che forse sono un po’ ridicola a lamentarmi di questo mio problema. Solo che, poi, quando affronti la vita quotidiana e non trovi la via giusta, beh, pensi che nel suo piccolo anche il nistagmo crea problemi importanti.

A scuola hai subito fenomeni di bullismo o comunque di isolamento. La nostra è ancora una società discriminatoria? Perché? 

Sì la nostra è una società discriminatoria, che utilizza il perbenismo o il buonismo come se fossero abiti per una serata di gala. Siamo sempre pronti a giudicare o a offendere chi abbiamo di fronte. La mia adolescenza e la mia vita scolastica sono state complicate. Viviamo di stereotipi e tutto quello che va fuori da queste griglie finisce nel tritacarne dell’ilarità. Sono le cosiddette “leggi della moda” e non facciamo niente per cambiarle.

Nonostante tutto hai conseguito due lauree, non ti sei mai arresa. 

Certo, non mi sono arresa. I miei genitori mi sono stati vicini e hanno creduto in me. Ho capito cosa volevo fare da grande e mi sono rimboccata le maniche facendo di necessità virtù, perché nonostante tutto non si può rimanere fermi e puntare il dito in attesa che qualcuno si accorga di te. Ho lottato e continuo a farlo, mi impegno il triplo per le difficoltà che devo affrontare ma non demordo e questo lo faccio nonostante io non sia nata combattente e mi abbatto con estrema facilità.

Perché hai deciso di raccontare la tua storia anche con un libro?

Stavo attraversando un periodo durissimo della mia vita perché, inconsapevolmente, mi sentivo inutile ed eternamente fuori posto. Questo, probabilmente, mi ha dato la spinta per provare ad essere la voce di tanti che preferiscono il silenzio. Ho deciso quindi di raccontarmi, di svelarmi affinché gli altri escano dal silenzio.

Hai dovuto affrontare una lunga battaglia per il riconoscimento dell’invalidità che, però, non ti dà diritto a ricevere alcun indennizzo economico.

Diciamo che la vera battaglia è proprio il fatto di non riuscire a far comprendere a chi legifera che le tabelle che regolano le percentuali di invalidità vanno riviste. Non si tratta di una rincorsa all’indennizzo, che pure potrebbe ritornare utile, ma di una rivisitazione oggettiva della disciplina che regola questa materia. Per il nistagmo ho ricevuto un riconoscimento del 46% di invalidità,  vale a dire che sono adatta a lavorare, ma al tempo stesso se si legge la definizione di “disabile sensoriale” non lo sono, questo perché i miei parametri non soddisfano le richieste.

Oltre al danno la beffa? C’è stato qualche politico che si è interessato alla tua vicenda, che abbia provato a discuterne nelle sedi istituzionali? 

Questa è una battaglia che riguarda tanti come me, perché la politica del lavoro non è cucita sulle necessità di tutti ma, solamente, di coloro che non hanno problemi di alcun tipo. In quanto ai politici,  non so se qualcuno se ne sia mai interessato,  però avrei voglia di un confronto per far capire  lor dal di dentro quali sono le criticità quotidiane che bisogna affrontare per superare queste problematiche.


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