“Diversamente liberi” a Imbavagliati 2020, dove le battaglie per le libertà non finiscono mai

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 La  Méhari di Giancarlo Siani, dove il giornalista napoletano fu brutalmente ucciso da due sicari della camorrail 23 settembre 1985e lo slogan “Chi dimentica diventa il colpevole”  sono i simboli di Imbavagliati (Festival Internazionale di Giornalismo Civile), fin dalla prima edizione, che si è tenuta nel 2015 al Palazzo delle Arti di Napoli (Pan), proprio dove la macchina è custodita; e negli anni, nel nome di Siani, non abbiamo voluto dimenticare altre vittime innocenti come Giulio Regeni ed Ilaria Alpi.  Un altro ragazzo giovane napoletano è stato ucciso, mentre cercava di fare luce su fatti che hanno visto calpestati i diritti degli ultimi. Mario Paciolla, impegnato come osservatore dell’Onu per il rispetto degli Accordi di Pacea San Vicente del Caguàn, purtroppo è stato trovato morto a casa sua il 15 luglio scorso, a soli 33 anni. Su quello che ormai viene considerato un delitto, all’inizio camuffato da suicidio, ancora non sono stati trovati i colpevoli e i mandanti.

Per lui e tutte le vittime innocenti “Imbavagliati” chiede a gran voce verità e giustizia, dedicando al giovane cooperante la prossima edizione del festival che avrà come tema “Diversamente Liberi” sarà e si svolgerà a fine novembre 2020. Un modo per accendere una luce, in stretta collaborazione con Amnesty Italia e con testimonianze dirette, in quei paesi (sessantanove nel mondo), dove l’omosessualità è ancora un reato, in molti casi punibile anche con la morte. Protagonisti saranno anche quei coraggiosi reporter, che vivono nel completo anonimato, anche loro “Diversamente Liberi”.

In questi anni, durante il festival, i nostri ospiti, giornalisti/testimoni,che nei loro Paesi hanno sperimentato il bavaglio della censura e la persecuzione di regimi dittatoriali, ma nonostante questo hanno messo in pericolo la loro vita per poter parlare, raccontare, denunciare, dando notizie “scomode” su un punto di vista interno,si sono stretti attorno alla Mehari. Raccontando, attraverso i loro articoli, la storia di Giancarlo Siani, in tutto il mondo; come “lettera viva”, che non si ferma ad un semplice ricordo, ad una celebrazione, ma parte dal passato per agire, concretamente, sulle tragedie del presente.

Uno dei più grandi giornalisti d’inchiesta del mondo, il colombiano Gonzalo Guillén, nel corso di un incontro alla prima edizione di Imbavagliati nel 2015, disse che “Il giornalista non deve schiacciare gli scarafaggi, ma accendere una luce per farli vedere”. Questo è lo spirito fin dalla sua fondazione di “Imbavagliati”, intervenire concretamente sulla realtà degli ultimi. Un tempo Luigi Barzini jr. rispetto alla professione del giornalista diceva, scherzosamente, “sempre meglio che lavorare”. Oggi la frase appropriata sarebbe: “Sempre meglio andare a raccogliere pomodori”. Parliamo della morte del lavoro intellettuale. #valgopiùdi7euro: con questa grido di dolorosa protesta i colleghi del Messaggero, per tre giorni lo scorso luglio, hanno chiuso taccuini e spento pc, sperando che “l’azienda avrebbe aperto il confronto, che chiederemo incessantemente anche tramite la mediazione delle istituzioni, chiamate in causa da un comportamento inaccettabile dell’editore”.

Se, come è scritto nella Carta di Firenze, “i colleghi in precariato, possono far rispettare con difficoltà le regole deontologiche”, allora c’è un problema serio per la libertà di stampa. La categoria, non soltanto non guadagna, ma addirittura ci rimette… E il famoso “Equo compenso” è solo una chimera, calpestata dai più grandi gruppi editoriali

Come portavoce di “Articolo21 per la Campania” e fondatrice di “Imbavagliati” sono vicina ai colleghi precari, che con i loro lavoro incessante e professionale, troppo spesso riempiono l’80% dei contenuti di una testata. Per questo motivo dalla mia regione, martoriata per continue minacce alla libera informazione (fisiche e sotto forma di querele temerarie), ho lanciato l’idea di un “Osservatorio permanente sul precariato giornalistico”. Una rubrica fissa, che sarà pubblicata per la prima volta su “Articolo21”, dove con una sorta di prezziario, saranno evidenziati i compensi giornalistici italiani delle maggiori testate. Perché, parliamoci chiaro, se un giorno tutti i collaboratori decidessero di incrociare le braccia, in Italia si fermerebbe del tutto l’informazione. Anche nella tv di Stato. E non è detto che non accada. La dignità non ha prezzo. Anzi non può scendere oltre! In questo senso è ancora più difficile il lavoro dei collaboratori nelle piccole province, dove spesso i cronisti sono editori di loro stessi (con l’apertura di blog) e, ai mancati compensi, si aggiungono le continue minacce, ricevute dai “protagonisti” delle loro inchieste, che si possono incontrare facilmente. Per loro Articolo21, Imbavagliati e il Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania sono sempre intervenuti con una presenza fisica, andando nelle piazze più ostili, informando le forze dell’ordine, mettendo a disposizione aiuti legali e soprattutto attivando subito una scorta mediatica.

Oggi voglio ricordare Giancarlo Siani con le parole di suo fratello. “Fare bene il mestiere di giornalista – ha raccontato in un’intervista suo fratello Paolo Siani, attualmente deputato ed ex presidente della Fondazione Polis – vuol dire raccontare i fatti e spiegarli. Le notizie possono essere date in tanti modi. Giancarlo voleva far capire al lettore perché succedeva un fatto. Questo faceva quando raccontava quotidianamente il malaffare a Torre Annunziata. E poi collegava i fatti e spiegava i perché. Viene ucciso per questo. I mafiosi temono molto chi racconta i loro fatti. Il nostro impegno è che si racconti il più possibile”.

Ecco impegniamoci tutti che si racconti il più possibile! Perché questo tesserino da pubblicista, professionista, abbia un vero significato. Per compensi, leggi che proteggano il giornalista dalle querele bavaglio, dalle minacce e anche da certi editori!


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