Aggressione ai cronisti dell’Espresso, i giudici: “Imperativo era impedire l’attività informativa”

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«È più che naturale che l’imperativo comune ai promotori della cerimonia, nonché ai partecipanti alla stessa, fosse quello di neutralizzare eventuali soggetti come le due parti lese che avessero avuto l’ardire di presentarsi in quelle circostanze di tempo e di luogo e cioè d’impedire a costoro un’attività informativa e documentativa dell’evento». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici della prima sezione penale del tribunale di Roma hanno condannato, il 6 luglio scorso, a 5 anni e mezzo di carcere Vincenzo Nardulli, esponente di Avanguardia nazionale, e Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova, accusati di rapina aggravata e lesioni al processo per l’aggressione ai reporter dell’Espresso Federico Marconi e Paolo Marchetti avvenuta al cimitero del Verano, a Roma, il 7 gennaio 2019, durante una commemorazione dei morti di Acca Larentia.

Nell’affermare che «è stata acquisita piena prova della veridicità delle dichiarazioni rese dal Marconi e dal Marchetti», i giudici hanno inoltre riconosciuto la «penale responsabilità di entrambi gli imputati» per quanto accaduto nell’ambito di una cerimonia in cui, «com’è indiscutibilmente emerso» durante il processo, «non era affatto gradita, in linea di principio, la presenza di estranei» e «men che meno poteva essere tollerata la presenza di “ficcanaso” degli organi d’informazione, tanto più se attestati su posizioni ideologicamente o politicamente contrapposte».

Per la Federazione nazionale della Stampa italiana, che, assistita dall’avvocato Giulio Vasaturo, si era costituita parte civile al fianco dei colleghi, la condanna di Nardulli e Castellino «rappresenta una vittoria della libertà di informazione e dell’articolo 21 della Costituzione», in quando, è stato il commento del segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, e del Presidente, Giuseppe Giulietti, all’indomani della sentenza, «chi colpisce un giornalista ferisce il diritto-dovere di tutti i giornalisti ad informare».

(in foto Federico Marconi all’uscita del Tribunale di Roma il giorno della sentenza)


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