La riforma della sanità nel post emergenza coronavirus

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Prima di entrare nel merito della questione posta, occorre fare una breve riflessione su chi ha gestito la sanità in Italia negli ultimi trent’anni anni. Gli stessi che l’hanno gestita e la gestiscono tutt’ora, cercando di apparire come i salvatori della Patria, hanno fallito come dirigenti e non hanno affatto la situazione sotto controllo. Gente che ha devastato e continua a devastare la sanità pubblica italiana. Stiamo facendo morire senza dignità, senza umanità, nelle RSA (case di riposo per anziani) la nostra storia e le nostre radici. Tutto questo penso sia moralmente, prima ancora che penalmente, un crimine tra i più spregevoli.

Il primo grave errore commesso in questa pandemia è stato senza alcun dubbio quello di sottovalutare la situazione, che era obiettivamente prevedibile per chi dovrebbe avere le sorti del Paese in mano. In primis, si dovevano proteggere immediatamente gli ospedali e il personale medico e paramedico. Se un ospedale si infetta non è più in grado di curare non solo i pazienti affetti da Coronavirus ma anche i malati di tumore, i cardiopatici, i diabetici e chi ha bisogno di cure specifiche. L’Italia ha avuto tantissimi morti per Coronavirus, molti in più rispetto a tutti gli altri Stati europei, perché i tagli alla sanità sono stati deleteri. Inutile negarlo nascondendo la testa sotto la sabbia: in Italia gli ospedali sono stati e sono ancor oggi tutti lottizzati politicamente.

Le mafie avrebbero avuto difficoltà a fare un simile lavoro in modo così corrotto e privo di qualsiasi tipo di meritocrazia. Auspico che da questa degenerazione se ne esca con i cittadini che alla fine aprano gli occhi sulla realtà, al di là di tutta la propaganda politica che in questo momento trovo ripugnante. Al potere vedo l’incompetenza e la mediocrità frutto di anni di corruzione e clientelismo. Nella sanità gli errori sono stati commessi non solo per negligenza ma anche con dolo e in alcuni casi con premeditazione criminale. I nostri padri Costituenti auspicavano una sanità pubblica, di alta qualità e gratuita per tutti. A questo bisogna ritornare dopo la fine dell’emergenza Covid-19. Occorre restituire centralità e omogeneità al Sistema Sanitario Nazionale al fine di recuperare una visione di insieme, superando così l’attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali. Con una direzione nazionale il servizio sanitario pubblico potrà rispondere in maniera più congrua ai princìpi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi in ottemperanza del dettato costituzionale. Sono profondamente convinto che andranno giocoforza ridefinite le competenze Stato-Regioni, fissate specifiche linee guida nazionali, controllate tutte le singole voci di spesa allo scopo di evitare che non arricchiscano i rivoli dell’inefficienza, delle mafie e della corruzione.

Non si potrà non intervenire sul divario tra Nord e Sud e si dovranno rivedere i contributi pubblici concessi ai privati. Il nostro servizio sanitario pubblico resta, per qualità ed efficacia delle prestazioni sanitarie, tra i migliori al mondo. Ma gli indicatori qualitativi e quantitativi dei servizi sanitari regionali, disegnano un sistema con molte disuguaglianze ed inefficienze. Differenze che spiegano, per esempio, i flussi di mobilità sanitaria diretti, prevalentemente, dal Sud verso le regioni del Nord. La decrescita degli investimenti inoltre ha rallentato l’ammodernamento delle apparecchiature mediche ed aumentato il degrado delle infrastrutture, che è mediamente maggiore al Sud rispetto al Nord, con ricadute soprattutto sulla qualità delle cure. Riflettiamo un attimo solo su questo aspetto: il nostro Paese ha dimezzato i posti letto per i casi acuti e la terapia intensiva, passati da 575 ogni 100 mila abitanti ai 275 attuali. Un taglio del 50% operato progressivamente dal 1997 al 2015, che ci porta in fondo alla classifica europea. La sanità pubblica nazionale ha perso, tra il 2009 e il 2017, più di 46 mila unità di personale dipendente:  8.000 medici e più di 13.000 infermieri.

Il modello della sanità italiana ha evidenziato inoltre quanto favorire la sanità privata a discapito di quella pubblica sia stato il più grande errore che si potesse commettere, un errore che oggi paghiamo a caro prezzo. Il bilancio della sanità italiana è di circa trecento miliardi l’anno. Se fossero spesi per la sanità pubblica ci sarebbe un eccellente sanità, purtroppo oltre cento miliardi vanno alla sanità privata. Ritengo che in una democrazia di matrice solidaristico sociale come dovrebbe essere la nostra non si possano dare tutti questi contributi economici a chi realizza profitto con la salute. La politica è la principale responsabile di questo decadimento morale. La sanità privata non può e non deve essere finanziata con i soldi pubblici. Sarà necessario evitare di andare verso la privatizzazione della sanità per cui diventa fondamentale iniziare un percorso di ricerca per approfondire le cause dello squilibrio del Servizio Sanitario Nazionale a favore del privato, completare e precisare il quadro riferito agli erogatori privati, indagare le prospettive future di tale orientamento e i rischi per i cittadini. La salute è come l’aria che respiriamo, non abbiamo mai l’idea del suo valore fino a quando la perdiamo e in questi giorni bui ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante.

Vincenzo Musacchio, giurista, docente di diritto penale, dal 2018 associato della School of Public Affairs and Administration (SPAA) presso la Rutgers University di Newark (USA), Presidente dell’ Osservatorio Antimafia del Molise e Direttore Scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise.


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