Don Hélder Câmara, precursore di Francesco

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Cento anni dalla nascita e venti dalla scomparsa di don Hélder Pessoa Câmara, nominato arcivescovo di Olinda e Recife da papa Paolo VI e tra i precursori di quella Teologia della liberazione che costituì una delle principali forme di opposizione all’imperialismo americano e alla barbarie neo-liberista che derivò dall’Operazione Condor e da altri scempi della stessa natura.

Don Hélder Câmara era nato a Fortaleza il 7 febbraio 1909 e tutta la sua attività sacerdotale, durata quasi settant’anni, è stata caratterizzata dal soccorso e dall’aiuto concreto nei confronti degli ultimi e degli emarginati. Non a caso, era chiamato il “vescovo delle favelas”, essendo uno che ci andava davvero e che aveva la credibilità necessaria per parlare ed essere ascoltato in luoghi in cui neanche le forze dell’ordine hanno il coraggio di addentrarsi.  Sosteneva con una battuta: “Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista”.

È stato uno dei grandi anticipatoridi papa Francesco nonché, con ogni probabilità, una delle sue fonti di ispirazione, in quanto era molto simile la sua visione del mondo, molto simile la sua concezione della Chiesa e del rapporto fra essa e la gente, molto simile il suo rifiuto per ogni forma di prevaricazione da parte del potere, molto simile l’asprezza delle accuse subite e altrettanto simile il coraggio delle scelte compiute.  Sosteneva ancora don Câmara, citando un proverbio africano: “Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia”.  Non esisteva, per lui, la solitudine, in quanto ciascun uomo poteva costruire sogni, speranze, comunità. E per questo ha lavorato tutta la vita, senza sosta, contro tutto e tutti, con dedizione e umiltà, sfidando la barbarie e ponendosi come esempio e punto di riferimento per un intero popolo.

La presenza al governo di un personaggio come Bolsonaro è il peggior modo per rendergli omaggio, per ricordarne l’impegno e la grandezza, per valorizzarne le idee e per far sì che il Brasile torni a essere ciò che dovrebbe essere, ossia uno dei paesi più belli e significativi al mondo. Peccato che dittature, ottusità e violenze di varia natura continuino a impedirlo.


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