Sri Lanka. Attentati di Pasqua. Sale a 321 la pietosa contabilità delle vittime

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Polemiche sull’allarme dell’intelligence. I primi turisti italiani rientrati: “l’inferno”

Giornata di lutto nazionale oggi in Sri Lanka, dove domenica di Pasqua un attacco a diverse chiese e hotel ha causato la morte di 321 persone, secondo gli ultimi bilanci. Funerali di massa si stanno tenendo nelle aree colpite, e alle 8 e 30, ora delle prime esplosioni, srilankesi di diverse fedi hanno osservato un minuto di silenzio. L’attentato è stato attribuito al gruppo islamista National Thawheed Jamàat, finora poco noto e conosciuto solo per alcuni atti vandalici. Secondo alcuni osservatori, il grado di complessità e l’architettura dell’attacco suggeriscono il coinvolgimento di gruppi più grandi, come Al-Qaeda e lo Stato Islamico. Da mezzanotte, l’ufficio del Presidente Maithripala Sirisena ha dichiarato l’entrata in vigore di un coprifuoco notturno e di leggi di emergenza che attribuiscono poteri speciali alla polizia. Questa potrà ora arrestare e interrogare i sospetti anche senza ordini giudiziari.

Le polemiche sugli avvisi dell’intelligence. Si sapeva tutto dall’11 aprile ma non si è intervenuti. Il New York Times ne spiega le ragioni

Nei giorni precedenti le stragi di Pasqua in Sri Lanka, le agenzie di sicurezza del Paese seguivano molto da vicino la National Thowheeth Jamàath, semisconosciuta organizzazione islamista che secondo le forze dell’ordine avrebbe realizzato gli attacchi con assistenza straniera. Il New York Times ricostruisce quel che non ha funzionato nella catena informativa dello Sri Lanka e sottolinea che l’inerzia che ha portato alle stragi potrebbe essere dovuto anche al dissidio in atto da tempo tra presidente e capo del governo. I servizi di sicurezza sapevano che il gruppo era pericoloso e in un memorandum datato 11 aprile avevano indicato dove si trovata il leader: nello stesso memorandum avvertivano del rischio di attacchi su chiese cattoliche. L’India li aveva già avvertiti che il gruppo stava progettando attacchi a chiese e già a gennaio avevano avuto notizia che islamisti radicali forse legati al gruppo stavano accumulando detonatori e armi. Poche ore dopo i bombardamenti di tre chiese e tre alberghi i servizi di sicurezza hanno arrestato 24 persone, salite oggi a 40, un segno che sapevano bene dove trovare i membri dell’organizzazione. Resta l’enorme interrogativo sul perchè le forze dell’ordine non abbiano agito con decisione appena ricevuti gli allarmi, un interrogativo ulteriormente complicato dal dissidio tra il presidente e il premier Ranil Wickremesinghe, che ha fatto sì che quest’ultimo fosse tenuto all’oscuro delle informazioni in mano ai servizi. Una vicenda che ha fatto scoppiare un’amara polemica e creato una nuova crisi di governo. Uno dei kamikaze coinvolti negli attacchi di Pasqua era stato arrestato qualche mese fa con l’accusa di aver vandalizzato una statua di Buddha, atto gravissimo in un Paese a maggioranza buddhista dove la religiosità sta assumendo toni sempre più accesi. Ieri vari ministri hanno attaccato il presidente Maithripala Sirisena, che controlla i servizi di sicurezza e non ha agito nonostante gli allarmi dettagliati. Vari ministri hanno chiesto la testa del capo della polizia nazionale, altri si sono chiesti come un gruppo nato nel Paese abbia potuto agire da solo. Intanto oggi è spuntata l’immancabile rivendicazione dell’Isis. “C’è stata una rete internazionale senza la quale gli attacchi non sarebbero accaduti” ha detto il ministro della sanità Rajitha Senaratne. Il presidente non ha dato finora risposte soddisfacenti. Un suo alto consigliere, Shiral Lakthilaka, ha detto che non ci sono stati errori della sicurezza, ma ha aggiunto che il presidente ha nominato un comitato, presieduto da un giudice della Corte suprema, per indagare su ciò che è andato storto.

I primi turisti italiani rientrati a Fiumicino dallo Sri Lanka: “L’inferno all’improvviso”

“All’improvviso è scoppiato l’inferno. Nessuno se lo aspettava: né gli abitanti del posto, davvero pacifici, né tantomeno noi costretti poi ad interrompere il viaggio in anticipo”. Sintetizzano così i primi turisti italiani rientrati oggi a Roma, via Doha, da Colombo, i tragici fatti di sangue avvenuti nel giorno di Pasqua nello Sri Lanka.  “Eravamo in albergo a Negombo, città a maggioranza cristiana distante una quarantina di chilometri da Colombo e a circa 4 chilometri da San Sebastiano, una delle chiese oggetto degli attacchi esplosivi compiuti contro chiese e hotel del Paese. Sul momento – racconta Nunzia Simoncini, di Roma, appena sbarcata all’aeroporto di Fiumicino in compagnia della nipote Michela – non avevamo capito cosa fosse accaduto. Lo abbiamo capito solo in un secondo momento seguendo i notiziari della Cnn e navigando in internet. Subito dopo, ci è stato quindi ordinato di non uscire assolutamente dall’hotel dove, per questo, siamo rimaste chiuse per due giorni”. La donna aggiunge poi che “a causa del coprifuoco, sono state interrotte tutte le linee di comunicazione e di messaggistica, come, ad esempio, Facebook”.

 

Da jobsnews


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