Il sindacalismo militare e i suoi nemici

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Uno spettro si aggira per le caserme: lo spettro del sindacalismo militare. Numerosi  personaggi degni di un film di Monicelli mostrano di essere terrorizzati dalla democratizzazione delle Forze armate e strillano come aquile contro la “pericolosa deriva sindacale”.

Questa svolta epocale è certo passata in sordina – alla stampa interessano di più gli amori delle starlette – ma nel 2018 la Corte costituzionale ha finalmente cancellato l’anacronistico divieto di sindacalizzazione dei militari. Questo significa che, per settant’anni, abbiamo vissuto in una grave condizione di incostituzionalità di fatto. Eppure l’articolo 52 della Carta del 1947 era molto chiaro: «l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica».

Ora, comprensibilmente, le forze più retrive di questo Paese si sono mobilitate per sterilizzare la storica sentenza dei giudici costituzionali con l’introduzione di una normativa che limiti oltremodo i poteri dei nuovi sindacati e li ponga in qualche modo sotto il controllo dei vertici militari. Pare che qualche manina abbia persino inserito, nella proposta di legge, un codicillo che vieta la costituzione dei sindacati senza l’“assenso” del Ministro. Ministro che potrà ovviamente revocare la gentile concessione. Insomma, più o meno come accadeva con la legge del 1926 sui “sindacati fascisti”.

Cui prodest? Be’ è evidente che questa sacra caccia spietata contro la democratizzazione dell’ordinamento militare viene fatta per difendere privilegi e interessi particulari di guicciardiniana memoria. La disciplina militare, se non mitigata, si trasforma in “obbedienza cieca”, produce abusi, favorisce comportamenti in contrasto col bene comune. Immaginate, per esempio, quanto possa essere dannosa l’“obbedienza cieca” per le indagini di polizia giudiziaria che riguardino la criminalità dei potenti.

Ebbene, che fare? Dobbiamo chiamare a raccolta tutte le forze migliori del Paese, per combattere tenacemente questi piani reazionari e scongiurare l’ennesimo tradimento della Carta costituzionale. Non sarà facile, è vero. L’onorevole Tritoni, il Generale Bassi-Lega, il Colonnello Aguzzo & co. sono sempre molto agguerriti. Diciamocelo: in Italia – come scrive Ainis – la rivoluzione più dirompente sarebbe proprio applicare la Costituzione.


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