Salvini faccia scendere la ragazza eritrea violentata

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La prima volta che andai in Eritrea fu nel 1986 per un documentario autoprodotto con Danilo Marabotto e Bruna Sironi .
Fu anche la prima volta che filmai ( in pellicola) una prima linea : quella di Nacfa, la città fantasma poco distante da Asmara, che era diventata, la roccaforte della guerriglia Eritrea.
“Den den”, il fronte, era anche chiamato “rigore”, (in italiano) perché se alzavi la testa di pochi centimetri, oltre le rocce arroventate dal sole, la “punizione” del cecchino etiopico era una certezza assoluta.
Lungo la scarpata che precipitava a valle, si potevano vedere i corpi dei paracadutisti etiopici mummificati dal sole, dopo essere stati falciati a metà dell’ennesimo assalto, tanto inutile quanto suicida .
Si poteva girare dalle 7 alle 11 poi bisognava cercarsi un riparo perché a 50 gradi il sole ti cuoce il cervello.
Durante il giorno era impossibile viaggiare in jeep sulle terribili strade eritree – più che strade piste di roccia o greti di torrente – perché l’aviazione etiopica ci avrebbe incenerito.
Di notte dormivamo in grotte sotterranee incredibilmente pulite e relativamente fresche.
Isaias Afeworki, l’attuale padre e padrone del paese, era giovanissimo. Ci rilasciò un’intervista in camicia, seduto al tramonto fra le rovine della città distrutta.
Guidava una guerriglia rivoluzionaria, rigorosamente marxista-leninista.
Il Fronte Popolare per la Liberazione dell’Eritrea, aveva sedato le lotte fratricide fra i cristiani e i musulmani, che avevano dissanguato i primi moti indipendentisti, e aveva azzerato le differenze fra uomini e donne.
Sulle prime linee e nelle retrovie incontrammo guerrigliere in divisa con irte chiome leonine, che comandavano intere brigate e avrebbero messo in riga anche il sergente Hartmann.
I combattenti più anziani capivano la nostra lingua perché avevano studiato nelle scuole italiane e in generale tutti mostravano molta simpatia per l’Italia. Simpatia abbastanza immeritata. Solo un anno prima era finita la grande carestia che in Etiopia aveva ucciso oltre un milione di persone e aveva commosso il mondo. L’Eritrea era ancora sotto occupazione Etiopica e pochi savevano che gli aiuti alimentari in arrivo da tutto il mondo venivano distribuiti ovunque, tranne che nelle zone controllate dalla guerriglia. L’Italia, alleata dell’Etopia, uno dei pochi bastioni cristiani nell’africa musulmana, forse non vide, forse non volle vedere, ma su un milione di morti 350.000 furono eritrei .
Ciò che ci colpì degli eritrei non era solo la capacità di combattere – come i Tutsi in Rwanda sono uno dei grandi popoli guerrieri del continente – ma anche la grande dignità e una derminazione fuori del comune. Per liberarsi dall’occupazione etiopica ( e dalle sue torture ) hanno combattuto 30 anni.
Quando tornai per la terza volta nel 2002 la situazione era già degenerata . L’ex-studente di ingegneria Isaias Afeworki aveva gettato in carcere (pare in container sotteranei) 15 ministri, 15 ex-compagni di battaglia. La stampa era stata imbavagliata e gli studenti venivano rastrellati a centinaia per la leva obbligatoria.
Alla periferia di Assab – ridotta a una città fantasma – si vedevano ancora crani di combattenti uccisi dalle katiusce etiopiche .
La guerra con l’Etiopia, nel triennio 1997-98-99, era stata un bagno di sangue, ma siccome era stata solo raffreddata da una fragile tregua, costringeva l’Eritrea – 3 milioni e mezzo di abitanti contro i 42 milioni dell’Etiopia – a una leva obbligatoria linghissima.
Da allora uno dei paesi più affascinanti dell’Africa orientale è diventato un lager a cielo aperto da cui i giovani fuggono in massa. Uomini e donne.
Fra gli ‘ostaggi’ della nave Diciotti leggo di una ragazza eritrea di 22 anni che è stata stuprata da ogni banda di trafficanti a cui è stata ‘ceduta’ nel corso di due lunghissimi anni.
Da 10 giorni Matteo Salvini la tiene all’addiaccio per “proteggere dall’Invasione” me e gli altri italiani. Vergogna.


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