Emanuela Orlandi: un silenzio lungo 35 anni

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Sono trascorsi trentacinque anni dalla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi. Silenzi, omissioni, bugie e depistaggi, hanno fatto da filtro ad una verità apparentemente vicina ma sostanzialmente lontana perché scomoda, chiusa ermeticamente al sacrosanto diritto reclamato dalla famiglia. Una storia torbida che inizia il 22 giugno 1983, quando Emanuela, figlia di un commesso della prefettura vaticana, si reca a scuola di musica dalle 16.00 alle 19.00. L’ultimo contatto con la famiglia avviene con la sorella: la giovane dice di aver ricevuto una proposta di lavoro per una ditta di cosmetici che le offrivano 350.000 lire. Ma dagli accertamenti emerge che la ditta non aveva nulla a che fare con quell’offerta lavorativa. Chi c’era dietro quella proposta lavorativa? La giovane scompare nel nulla, nessuno la vede e la sente. L’ultimo ad averla vista è un vigile urbano che la vede salire a bordo di una BMW in compagnia di un uomo. Nel 2005, nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto?” arriva una telefonata che apre ulteriori piste investigative “Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca”. Enrico De Pedis, detto “Renatino”, uno dei più importanti boss della Banda della Magliana, era stato sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare, una delle più importanti chiese della capitale. Come mai? Che c’entra De Pedis con Emanuela Orlandi? L’ex Compagna di De Pedis, dichiarò –indicando luoghi, che trovarono riscontri concreti- che la giovane fu portata a Monteverde e sarebbe stata tenuta nei sotterranei, Marcincus sarebbe stato il complice del sequestro. Ma non finisce qui: nel corso degli anni spuntano nastri, segnalazioni, millantatori, mezze verità, bugie e verità scomode ma dov’è Emanuela? Chi l’ha fatta sparire e perché? La famiglia Orlandi non si è mai arresa di fronte a nulla, non hanno mai rinunciato a cercare la verità, neanche quando  i giudici hanno deciso che il caso sarebbe stato archiviato;  non si sono mai arresi, neanche quando le risposte che tanto avrebbero voluto da alcuni apparati di alto rilievo non sono arrivate, perché costoro si sono trincerati in un fragoroso silenzio. L’Italia non dimentica Emanuela, la bella ragazza che sorride attraverso un manifesto ormai sbiadito ma che colora di speranze i muri della capitale chiedendo di essere cercata. Una speranza che non vuole trincerarsi nella trappola del silenzio, ma chiede di liberarsi attraverso parole che raccontano verità.


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