Sberla ai bugiardi, governo e media

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Bankitalia: crescono disoccupazione, disuguaglianze, una persona su 4 a rischio povertà, al 5% dei ricconi il 40% del patrimonio nazionale. Fiom Cgil: serve una nuova politica industriale

Di Alessandro Cardulli

Si usa dire spesso che il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. In questi anni di renzismo spensierato, a partire dall’ex premier e, ora, anche ex segretario Pd, un  collezionista di ex, capace di perdere in un sol botto milioni di elettori, dal 40 al 18%, si è sempre guardato al bicchiere mezzo pieno. Esempio: il continuo aumento del numero degli occupati annunciato dall’Istat e rilanciato dai governi Renzi, poi Gentiloni, un milione di posti di lavoro in più, è stato il bicchiere mezzo pieno, ignorando che di questo milione la gran parte era lavoro precario, anche un solo giorno a settimana. Ma, come noto, le bugie hanno le gambe corte. L’Ocse rende noto con una nota diffusa a Parigi che il tasso di disoccupazione nella zona euro è rimasto stabile al 5,5%. 34,5 milioni sono senza lavoro, 1,9 milioni in più rispetto ad aprile 2008 In Italia il tasso è cresciuto di 0,2 punti a 11.1 a livello del novembre 2017.

Re David: Se le aziende chiudono e il lavoro non c’è le persone che devono fare?

“Al prossimo governo – afferma  Francesca Re David, segretario generale della Fiom Cgil – il sindacato chiederà che i temi della politica industriale tornino al centro: investimenti, delocalizzazioni, ammortizzatori, innovazione, diritti”. Parla del voto per il Movimento 5 Stelle nelle regioni meridionali, reddito di cittadinanza, una richiesta assistenziale. Dice: “Se le aziende chiudono e il lavoro non c’è, le persone cosa devono fare? Il diritto al lavoro è garantito dalla Costituzione”. Ricorda poi  le principali vertenze aperte. Sull’Ilva, ad esempio, ha ricordato che “il confronto al ministero dello Sviluppo economico riprende il 21 marzo. Pensiamo – dice – che si possa entrare nel merito sul serio. Le nostre idee su Taranto sono le stesse: a chiunque andrà al governo diremo che va trovata una soluzione per i lavoratori e per i cittadini, salvaguardando insieme occupazione, ambiente e salute”. Ma anche il settore auto non può perdere tempo: “A giugno rischiano di finire gli ammortizzatori sociali a Pomigliano e Mirafiori. C’è poi la questione Tim-Telecom” e tante altre vertenze aperte.

La “regola” del bicchiere mezzo pieno e di quello mezzo vuoto

Torniamo alla regola del “mezzo pieno” che vale ancora, purtroppo. La sberla elettorale non è valsa a cambiare abitudini dannose che, alla fin fine, si ritorcono contro chi le pratica. Viene da Bankitalia, leggi indagine sui bilanci delle famiglie, la notizia che  l’economia “migliora”, come riferiscono agenzie e quotidiani online. Ma si tratta del “mezzo pieno” perché in realtà quello che conta è il mezzo vuoto. La buona notizia rilevano gli analisti riguarda l’aumento del 3,5% del reddito medio nazionale, visto che nel 2006 era in caduta libera. Ma la realtà, il bicchiere mezzo vuoto, è di ben altro segno. È vero che è aumentato il reddito medio. Ma si tratta come per il famoso pollo di Trilussa, la media è che ogni cittadino ne mangia una, ma la realtà è che c’è chi ne mangia due e chi nessuno. La stessa Bankitalia rende noto che l’economia migliora ma non per tutti. Infatti cresce il reddito delle famiglie ma il ritorno della crescita non beneficia tutti, “è aumentata la disuguaglianza, tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni ’90”, e aumenta anche la quota di persone a rischio povertà: “si arriva al 23%, una persona su quattro, si raggiunge un record storico per la povertà”. Le maggiori difficoltà per le famiglie giovani, del Mezzogiorno o composte da stranieri. Gli squilibri riguardano anche la ricchezza: calano infatti sia quella media che quella mediana. Significa che i ricchi sono sempre più ricchi.

Ci sono famiglie che possono risparmiare ma  crescono di più quelle povere

Passiamo al reddito delle famiglie che risulta pari a 30.700 euro, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali. Crescono le famiglie che possono risparmiare, diminuisce la quota di chi dichiara di arrivare con difficoltà alla fine del mese. Allora il paese di bengodi? Certamente no. La “crescita del reddito equivalente reale non è stata uniforme tra gruppi socio-demografici”, afferma  Banca d’Italia: va meglio alle famiglie con lavoratori dipendenti e pensionati, continua a cadere il reddito degli autonomi. L’indagine sui bilanci delle famiglie italiane rileva una crescita consistente della disuguaglianza e delle persone con reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano, la soglia usata per individuare il rischio di povertà (che nel 2016 corrisponde a entrate per circa 830 euro mensili). Stranieri, giovani, meridionali, meno istruiti sono maggiormente a rischio, e lo sono anche le loro famiglie. Negli ultimi dieci anni, ricorda la Banca d’Italia, il livello di disuguaglianza misurato dall’indice di Gini è aumentato di 1,5 punti percentuali. Disuguaglianze anche per quanto riguarda la ricchezza e non solo nei redditi. La ricchezza media delle famiglie corrisponde a circa 206.000 euro, ma il valore mediano è di gran lunga inferiore, 126.000, per via della grande asimmetria nella distribuzione. Il 30% più povero delle famiglie detiene appena l’1% della ricchezza nazionale; tre quarti di queste famiglie sono anche a rischio povertà. Mentre il 30% delle famiglie più ricche detiene invece circa il 75% del patrimonio netto degli italiani, con una ricchezza netta media pari a 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. La gran parte della “ricchezza” deriva dalla proprietà della casa in cui vive il 70% delle famiglie. Il loro valore in media è diminuito del 7% rispetto al 2014 e del 23% rispetto al 2006. Sale invece la quota delle famiglie titolari di attività finanziarie segnalando un forte squilibrio nella distribuzione. Cala il debito al consumo, solo nelle famiglie con capofamiglia oltre i 45 anni. Nel 2016 è indebitato con un mutuo immobiliare il 28% delle famiglie, con una rata media di 7.300 euro che incide sul reddito per il 14%. L’11% delle famiglie indebitate è vulnerabile, deve pagare cioè una rata superiore al 30% del proprio reddito.

Da jobsnews


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