Marketing politica

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La difesa della “razza bianca” non era un lapsus. Adesso sappiamo che si trattava di un astuto marketing politico, proposto dal candidato del centrodestra alla guida della Regione Lombardia, per superare il muro della notorietà. La sua strategia comunicativa ha avuto successo, forse oltre le previsioni. Non solo è diventato famoso, alcuni direbbero “famigerato”, ma –a quanto pare- ha anche aumentato i consensi sul suo nome. Quindi tutto bene, visto che gli estimatori di questo modello comunicativo sembrano in tumultuosa crescita.

Chi non ha bisogno di trincerarsi dietro ipocriti lapsus, è Matteo Salvini, che si candida a “premier” sul simbolo elettorale della Lega ed ha già firmato un programma di governo con Silvio Berlusconi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della giornata della memoria della Shoàh e delle leggi razziali, aveva ribadito che il fascismo “fu disumano e non ha avuto meriti”. Salvini, con tempismo perfetto, ha rilanciato la vulgata che “il fascismo ha fatto tante cose buone”, come se le leggi razziali e la guerra a fianco della Germania nazista fossero degli inciampi rispetto alla politica precedente. Inutile rimandare Salvini a studiare la storia, perché anche questo è marketing politico per rastrellare un consenso opaco che sta riemergendo nell’opinione pubblica, sempre più indulgente nei confronti di razzismo e antisemitismo, in un paese dove adunate fasciste, saluti romani, ronde e concerti che inneggiano al nazismo, si moltiplicano in modo inquietante.

Dietro l’angolo ci sono anche i “giovani padani”, sempre un po’ esuberanti, che hanno mandato al rogo l’effigie di Laura Boldrini, come fosse la Befana o una strega da bruciare. Almeno su questo episodio, “disgustoso” secondo molti, è arrivata una tiratina d’orecchie ai ragazzotti di Busto Arsizio? Ma no, “una ragazzata”, ha detto il solito Salvini o addirittura “è una tradizione” secondo Speroni, con un sogghigno da osteria. Del resto, nel recente passato, la presidente della Camera era stata già ridotta a bambola gonfiabile e qualcuno aveva anche istigato allo stupro della terza carica dello stato. Ma la tentazione di mandare al rogo gli avversari politici è ricorrente e nelle recenti elezioni siciliane un candidato del M5S aveva detto a Rosato, principale responsabile del nuovo sistema elettorale, in un tweet: “…facciamo un patto: se questa legge sarà cassata dalla Consulta ti bruceremo vivo. Ok?”. Poi è arrivato un accenno di scuse, ma poca roba. Più raffinato, a suo modo, Beppe Grillo, l’inventore della Vaffa Day, che recentemente, citando in modo creativo Cioran, ha detto ai giornalisti, che pure non sono privi di difetti, “vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi”. Questo, ormai, è il marketing della terza repubblica, che si rivolge, insulti e roghi compresi, a frammenti di pubblico che deve essere eccitato per andare a votare. Queste sono azioni e parole di una parte della “classe dirigente” che si appresta a governare l’Italia al posto della stabilità un po’ sorniona del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Il Partito democratico, intanto, un po’ meno sboccato degli altri, insegue un marketing suicida ed ha trasformato la caccia ai presunti seggi sicuri in una sanguinosa “notte dei lunghi coltelli”, che lascia interdetti i suoi potenziali elettori. A questo punto, dobbiamo sperare che i vincitori annunciati delle prossime elezioni del 4 marzo, siano migliori di quello che sembrano. Eppure qualcuno è ancora affezionato a “Palombella rossa” (1989), quando Nanni Moretti, pallanuotista iracondo, prende a schiaffi una giornalista inconcludente e gli urla: “ma come parla, le parole sono importanti…!!!”. Anche questa presunta “classe dirigente” dovrebbe essere presa a schiaffi dagli elettori, e invece sarà premiata con tanti voti.
E allora, a proposito dell’apolide Emil Cioran, ricordiamo che “noi moriamo in proporzione alle parole che spargiamo intorno a noi…”.

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