Diventare uomini, una proposta di antisessismo maschile

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Nel libro da poco in libreria Lorenzo Gasparrini indica la strada per “partire da sé” superando gli imperativi del patriarcato Di [Marina Cosi]
Disertore, antisessista, femminista, alleato. Le parole pesano. Lorenzo Gasparrini ha scritto un libro che è analisi e proposta di antisessimo maschile, definizione felice che non crea le polemiche che susciterebbe se di sé scrivesse femminista. Si attribuisce anche la definizione di disertore del patriarcato (non transfuga, notare, ma disertore). Noi a fine lettura dell’interessante “Diventare uomini, relazioni maschili senza oppressioni”, editrice Settenove, che consigliamo pur non condividendo alcune posizioni, come ad esempio quella sulla maternità surrogata, aggiungeremmo la parola alleato, che rinvia ad un rapporto paritario fra diversi teso al conseguimento di fini condivisi.

E’ un libro intelligente, con una ricca ed utile dote di esempi – “per costruire gli strumenti per costruire” – che, partendo dall’assunto che il sessismo sia “lo strumento con il quale il sistema patriarcale si mantiene e si evolve”, dimostra come questo pervada l’uomo e ne condizioni, sin da bambino, abitudini, scelte, discriminazioni, linguaggio e dunque weltanschauung, inclusi ovviamente e soprattutto i rapporti col genere femminile (e con gli altri generi). Quest’enorme, antico sistema coercitivo che definiamo patriarcato, anche nella sua forma soft di paternalismo, si appella ad un presunto e primigenio fuori-da-sé chiamato “natura” e fa di essa l’ordinatrice di un “rigido binarismo di genere per il quale sarebbero «naturali» solo gli uomini e le donne eterosessuali, costruisce i ruoli sociali adatti a questi due unici attori, escludendo ogni possibile diversità” Da qui il patriarcato fa discendere “la subordinazione della donna – meno dotata sempre «per natura» – a compiti secondari, ancillari, marginali in modo che sia esclusa, per sue stesse caratteristiche, dalla gestione politica della vita sociale come da quella privata” Qualche esempio. Perché la rivolta contro il femminicidio è quasi solo femminile? Gasparrini parte dalla distinzione fra colpa e responsabilità, ignorata anche opportunisticamente da tanti uomini, e che impedisce loro di riconoscere le radici di questa violenza dentro di sé. “Se sono in massima parte uomini eterosessuali – fino a quel momento bravi ragazzi, mariti esemplari, padri irreprensibili – che uccidono le loro compagne «in quanto donne», poiché violano un rapporto di potere generato da una concezione maschilista e patriarcale della relazione, allora gli uomini eterosessuali devono interrogarsi se nella loro educazione di genere c’è, forse, qualcosa che non va. E la stessa responsabilità vale anche per quegli atti che certo non sono reati, ma che solo chi non li subisce considera inezie: molestie, insulti e battute sessiste, soprusi e abusi di potere suoi luoghi di lavoro, giudizi sprezzanti, tutti comportamenti dettati da pregiudizi sessisti, tutti comportamenti che contraddistinguono quell’iceberg chiamato sessismo e di cui i femminicidi non sono che una piccola parte molto visibile”.

Altri due esempi fra le decine di temi affrontati da Gasparrini; due, scelti per affiancarci ai “nostri” temi, nostri di Giulia intendo: linguaggio e media. Dopo aver ricordato le brutte abitudini dell’italiano consuetudinario, che usa il maschile a prescindere – e qui non ci soffermiamo, poiché su questo Giulia batte e ribatte, dalla pubblicazione di “Donne, grammatica e media” ai corsi tenuti, ai molti interventi pubblici – Gasparrini annota: “Un linguaggio nel quale non si usano i nomi di mestieri al femminile, anche se le regole per costruirli esistono e anche se quei mestieri sono svolti anche da donne, insegna che quel mestiere non è adatto alle donne. Un linguaggio nel quale ci sono decine di insulti per una donna che usa il suo corpo in maniera libera, ma non ci sono analoghi insulti per gli uomini che fanno lo stesso, insegna che gli uomini hanno un potere che le donne non hanno”. E giustamente cita un testo di ben quarant’anni fa, che fu antesignano, “L’antimaschio” di Stefano Segre (1977, ristampa 1982; riportata una frase illuminante: “Per il maschio cosa sia la donna resta sostanzialmente un mistero, ma cosa invece debba fare una donna, in casa, per il marito, quello diventa chiaro prestissimo. Tutti i lavori di casa non sono per lui”). Quanto ai media Gasparrini non è tenero e ne ha ben ragione. In particolare, tuttavia, se la prende non con i sublimi esempi di beceraggine che pure abbondano nel nostro giornalismo, ma proprio con quelli che con buona volontà, alcune volte azzeccandola, molte altre volte con goffaggine o fraintendendo, cercano di essere alleati delle battaglie delle donne. Alleati appunto: parola importante nella difficile gestione della quotidianità. Uno per tutti, Michele Serra, a cui riserva strali sprezzanti. Ah, la sotterranea competizione maschile . Non che le donne ne siano indenni. Però. Altra utile citazione, da Sian Ferguson, femminista sudafricana “Privilegio è un insieme di vantaggi, non guadagnati personalmente, dato a chi nasce o rientra in un determinato gruppo sociale. Esistono privilegi legati al colore della pelle, alla classe sociale, al genere, all’orientamento sessuale, alla lingua madre, alla posizione geografica, e molti altri ancora”. E al termine d’un lungo elenco fa una semplice ma illuminante constatazione: “Essere bianchi e poveri è difficile, ma essere neri e poveri è più difficile”. Infine, per chiudere tornando al lessico, ricorderei che nello splendido “Il disertore” di Giuseppe Dessì (1961), anticipato nel 1932 da “Il disertore” di Lajos Zilahy e poi tradotto in immagini ne “Il disertore” di Giuliana Berlinguer (1983) la figura centrale, potentissima, è la madre dei due caduti che tutela il segreto del ribelle e cambia la storia. In nome di un’altra e radicale verità.


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