Referendum salmastro

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Quando hai sete fino a perdere la lucidità, bevi pure l’acqua salata, anche se sai che non ti disseterà. Anzi peggiorerà le cose. Questo mi sembra lo stato d’animo di chi ha sete di cambiamento e vuole votare sì al referendum, “perché almeno cambia qualcosa”. C’è una disperazione composta in questo approccio, una pulsione che scavalca la ragione, un panico da immobilismo che supera la valutazione del dopo. “Intanto cambiamo, poi vediamo che succede” dicono quelli che pensano che il referendum sia una terapia anti-stress. E invece domenica 4 Dicembre si decide di potere. Ci vuole un attimo a cederlo e una rivoluzione per riprenderselo. La sovranità se la presti per prova, la perdi per sempre.

Se i cittadini vengono estromessi dall’elezione del Senato, perdono una cospicua quota di rappresentanza, in una sola domenica.
Se si consente al Governo di imporre al Parlamento di decidere un suo provvedimento “a data certa”, l’Aula si sottomette all’Esecutivo, in una sola domenica.
Se il numero dii firme per promuovere un referendum popolare quasi raddoppia (da 500 a 800 mila) e per presentare una legge di iniziativa popolare persino triplica (da 50 a 150 mila), diventiamo più silenziosi in una sola domenica.
La sete di cambiamento ce l’abbiamo tutti.
Ma questo referendum è salmastro.

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