Omicidio Moro, a trentotto anni di distanza è ancora un mistero inestricabile

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Questo è il solo Paese europeo, o forse sul pianeta, in cui dopo decenni un delitto importante come quello che il 16 marzo 1978- trentotto anni fa, portò al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro (ritrovato cadavere e lasciato in un’auto nello spazio esistente tra le sedi del PCI in via delle Botteghe Oscure e quella della DC a Piazza del Gesù) è ancora per molti  aspetti importante un mistero inestricabile,  dopo vari processi penali e varie commissioni di cui è ancora aperta e funzionante l’ultima, presieduta dall’on. Fioroni del PD.

Così in questo ennesimo anniversario (il trentottesimo che coincide con quello della morte del siciliano e meno noto ucciso da terroristi del giovane Peppino Impastato) emergono ancora particolati su quella drammatica giornata.

Quel giorno, 16 marzo 1978, Emidio Biancone,autista del capo della Digos di Roma,Domenico Spinella ha raccontato rispondendo alle domande della commissione di inchiesta, che il funzionario di polizia si era recato la sera precedente negli uffici dell’onorevole Moro in via Savoia su sollecitazione dell’assistente di Moro,Nicola Rana, preoccupato da alcune segnalazione di presenze sospette nella zona. Inoltre gli uffici politici erano quelli impegnati a monitorare le trasmissioni radio considerata politicamente eversive. E la mattina del 16 marzo tre testimoni, Clara Giannettino, domestica del  senatore democristiano Cervone,Rosa Zanonetti e una donna sconosciuta che chiama TeleRoma 56 affermano di aver ascoltato le parole di Renzo Rossellini,figlio del regista Roberto e direttore di radio Città futura,l’ormai frase celebre:”Forse rapiscono Moro”. Furono gli addetti all’ascolto a segnalare al dr Spinella quanto avevano ascoltato,dando dubbi ai capo dell’ufficio? O quante altre segnalazioni erano giunte in quei minuti tanto da spingere il capo della Digos a precipitarsi in via Fani? E in quei giorni a guardare le cose oggi con calma altri segni premonitori (come l’agente del Sismi Stefano Giovannone che scrive dal Medio Oriente ai suoi superiori :”Imminente azione terroristica di grande portata contro un leader di primo piano in Europa” e dice di averlo appreso dal George Habbash, leader del Fronte Popolare per la libertà della Palestina – e ancora Mino Pecorelli scriveva articoli sinistramente premonitori. E  un detenuto delle carceri di Matera, Salvatore Senatore,riferì di aver appreso da compagni di cella il 16 febbraio 1978:” E possibile che Moro venga rapito.”  E ancora altri segni si succedono nei giorni che precedono il giorno fatale in cui ebbe luogo il rapimento.


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