Giancarlo Siani, ricordarlo per incidere in profondità

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Ricordare Giancarlo Siani oggi, significa soprattutto riportare in vita il lavoro di inchiesta che svolse. Sono passati trent’anni dalla morte e scriverne serve a noi non a lui, lui non c’è più. Il ricordo e la ricorrenza sono gli umili strumenti in mano a chi è ancora in vita per illuminare ciò che ha valore. Il lavoro di Giancarlo si è svolto in un tempo purtroppo breve ma intensissimo, nell’intento di partecipare attivamente ad un progetto a lungo termine: quello della lotta alla camorra e alla mafia nel napoletano, una lotta in cui lui credeva senza ingenuità. Allo stesso modo ricordarlo deve avere lo scopo di incidere in profondità, di infondere negli altri un impegno civile che non lasci il tempo che trova ma che perduri.

Giancarlo Siani “era disposto a fare qualsiasi sacrificio pur di fare questo mestiere, ma non avrebbe mai pensato di andare incontro alla morte” raccontava Goffredo Buccini in una ricostruzione di La Storia siamo noi, interamente dedicata all’uccisione del giovane giornalista.
Un giornalista precario, che aveva iniziato la sua attività a Torre Annunziata collaborando con la rivista Osservatorio sulla Camorra e con Il lavoro nel Sud, giornale sindacale di denuncia. Poi la collaborazione estiva al Mattino di Napoli dove avrebbe svolto il praticantato per divenire professionista.

Sono trenta. Trenta anni senza Giancarlo Siani. Ventisei l’età in cui gli è stata tolta la vita; 60.000 gli abitanti di Torre Annunziata di cui tanti senza lavoro: è per questo che, anche giovanissimi, vengono facilmente arruolati dalla camorra per spacciare, gestire affari sporchi, uccidere. 769, le morti nel napoletano causate dalla guerra tra famiglie criminali in soli cinque anni, tra 1979 e 1984. In questo contesto Giancarlo Siani scrive e denuncia il malaffare.

Il 1984 è l’anno in cui a Torre Annunziata tra le famiglie criminali si scatena una guerriglia di cui Siani racconta le motivazioni, le vittime e i feriti. Un anno dopo, il 9 giugno 1985, viene arrestato Valentino Gionta, il capo di una di quelle famiglie: la cronaca dell’arresto viene affidata a Siani che il giorno dopo per il Mattino pubblica un articolo con nomi e cognomi. Gionta, Donnarumma, Bardellino, Nuvoletta sono solo alcuni di quelli che compaiono nella sua impeccabile ricostruzione della geografia della camorra. Ma soprattutto il giornalista spiega quale sia la motivazione che sta dietro l’arresto di Valentino Gionta: “Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana”.

Siani entra dentro le dinamiche più delicate tra famiglie criminali: le alleanze, i rapporti personali tra clan. Il boss Lorenzo Nuvoletta si sente disonorato, il giornalista ha scritto troppo e deve morire. Siani sta anche lavorando ad un dossier, sta indagando sugli appalti pubblici e sui finanziamenti stanziati per il post terremoto. Il 19 settembre Giancarlo compie 26 anni, il 23 incontra un camorrista che inaspettatamente, in mezzo alla strada, lo abbraccia: stava indicando ai killer chi zittire per sempre. Dalle ricostruzioni sembra che quello sia stato l’unico momento in cui Siani ha avuto paura: le minacce dei ragazzini spacciatori non lo avevano fermato ma quell’abbraccio lo fa sentire in pericolo e solo. Viene ucciso quella notte sotto casa e il cuore di Giancarlo si ferma, come la sua penna.
E oggi?


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