E’ lungo il cammino da percorrere per arrivare a una democrazia almeno liberale

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Leggendo le duecento pagine che mi ha spedito, qualche settimana fa, la benemerita Fondazione del “Corriere della Sera” e che raccoglie le lettere tra Luigi Einaudi e i due fratelli Albertini, il primo a lungo direttore del quotidiano della borghesia milanese, mi è caduto l’occhio su una breve lettera che l’allora direttore del giornale scrisse all’economista e futuro capo dello Stato piemontese a proposito della situazione politica italiana e vale la pena riportarne almeno alcune parole che sostengono come le libertà dei cittadini debbano esser sempre solidali e congiunte tra loro e che quella di pensiero e di espressione non può proprio mancare in uno Stato moderno degno di questo nome  a dimostrazione della tesi centrale che anima questa mia breve nota.

“Caro Einaudi-scrive Albertini il 30 luglio 1924,poco più di un mese dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti- Giovanni Amendola ed io abbiamo fatto il possibile perché la Confederazione dell’Industria votasse una deliberazione nel senso di deprecare la seconda ondata, la notte di  San Bartolo meo, il piombo per le opposizioni e tutto il resto come hanno fatto i combattenti. Tutto è stato rimandato:  in realtà non si ha voglia di far nulla.

Nelle borse  si nota un notevole malessere e uno stato di incertezza che prima dell’assassinio di Matteotti non esisteva. I rapporti degli industriali con il governo sono così stretti da rendere loro impossibile di esprimere un’opinione sincera su questo punto senza incorrere in collere che si temono? Eppure gli industriali  dovrebbero ricordare la responsabilità che si sono assunti  avendo sovvenzionato in passato e continuando a sovvenzionare giornali che sono espressione del peggiore fascismo. Nelle masse c’è l’opinione diffusa che essi abbiano sostenuto largamente questa parte peggiore del movimento e abbiano sempre chiusi tutti e due gli occhi sulle questioni di principio.” Con poche, brevi frasi il direttore  di quel quotidiano, sul quale anche a me è accaduto per alcuni anni di scrivere, ha disegnato un ritratto somigliante di mali antichi e moderni del nostro amato Paese. Di qui il mio ricordo leggendo i risultati del rapporto annuale di “Freedom in the World 2015″di Freedom House che è un attendibile documento sulle libertà di pensiero e di espressione sul pianeta.  Le battute iniziali del rapporto-riferisce Articolo 21 da cui traggo le citazioni- affermano che per il nono anno consecutivo è stato registrato un generale declino nella tutela dei diritti politici e delle libertà civili. Dei 195 Stati analizzati, 89 sono stati etichettati come “liberi” (46% del totale),55 “parzialmente liberi “(il 28%)e 51 “non liberi”(il 26%). Tra i paesi che hanno modificato la propria posizione rispetto alla graduatoria dell’anno precedente, 61 hanno peggiorato la propria condizione, mentre solo 33 sono riusciti a migliorarsi. Nel complesso, il 2014 è stato un anno duro e travagliato, caratterizzato da una serie di eventi determinanti nel l’incrinare il già fragile equilibrio mondiale.

Il rapporto parla di cinque fenomeni degni di nota.
1)Gravi crisi umanitarie hanno spinto milioni di rifugiati a sopravvivere in capanne sovraffollate e condizioni disumane di vita ;
2) il successo democratico della Tunisia (la costituzione è in vigore dal gennaio 2014)deve  rappresentare uno stimolo e un esempio per i paesi vicini;
3)il declino  della libertà di espressione su Internet: censura, nuove leggi repressive, arresti, costrizione al silenzio, Rwanda, Russia, Ecuador, Corea del Sud e Israele sono soltanto alcuni degli esempi citati.
4)Limitazioni delle autonomie personali: restrizioni politiche (a partire dal gennaio 2014),come quelle imposte da Russia ed Egitto; restrizioni “sanitarie” come i copri fuoco temporanei istituito in Liberia e Sierra Leone nel  tentativo disperato di arginare il virus Ebola. “Dittature Silenziose”: lontani dalle luci della ribalta, molti regimi autocratici continuano a vessare i propri cittadini impunemente (Azerbaijan, Etiopia, Arabia Saudita, Vietnam.
In particolare, il rapporto  si sofferma sui Paesi che han no occupato i titoli delle grandi testate nazionali: -La Siria, dove lo Stato Islamico si è imposto come organizzazione terroristica di ultima generazione, ha ricevuto il punteggio più basso del decennio. Il rapporto è importante da almeno due punti di vista. Il primo è che mostra quanto è lungo ancora il cammino da percorrere per arrivare a una democrazia almeno liberale sul nostro pianeta. Il secondo è che il pericolo terroristico rappresentato dall’ISIS non può essere sottovalutato pena conseguenze assai gravi per le vecchie come per le nuove generazioni.


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